XV ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI (3-28 ottobre)

I giovani, la fede e il discernimento vocazionale

Il Sinodo dei Vescovi Finalità, Attese, Prospettive. Relazione del Cardinale Lorenzo Baldisseri

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Incontro annuale dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità

“I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”

 

Il Sinodo dei Vescovi

Finalità, Attese, Prospettive

Relazione del Cardinale Lorenzo Baldisseri

 

 

Roma, 19 giugno 2018 - Palazzo San Calisto, Sala Pio XI

 

Proprio questa mattina è stato presentato, nella Sala Stampa vaticana, l’Instrumentum Laboris della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, in programma – come è noto – dal 3 al 28 ottobre prossimi.

Questo documento è il frutto di un’ampia consultazione condotta nella Chiesa universale a partire dal gennaio 2017, quando fu pubblicato il Documento Preparatorio del Sinodo accompagnato da un apposito questionario.

Per circa un anno, sotto il coordinamento delle Conferenze Episcopali e dei Sinodi delle Chiese orientali, tutte le Chiese particolari e numerosissimi soggetti ecclesiali (Comunità religiose, Associazioni e movimenti laicali, scuole e centri accademici, gruppi e singoli fedeli, …) hanno potuto interrogarsi sui temi del Sinodo e formulare le loro impressioni e proposte. Questo ricchissimo materiale, opportunamente raccolto e sintetizzato dalle Conferenze Episcopali e quindi trasmesso alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, ha costituito la prima fondamentale fonte per la redazione dell’Instrumentum Laboris.

Una seconda fonte è rappresenta dai risultati del Questionario online proposto ai giovani, attivo in Rete dal 14 giugno al 31 dicembre 2017. Tale Questionario, diverso da quello proposto agli Organismi aventi diritto e preparato con l’aiuto di un’equipe di esperti, ha totalizzato in sei mesi circa 221.000 contatti.

Una terza fonte per l’Instrumentum Laboris è stata costituita dai risultati del Seminario internazionale sulla situazione giovanile organizzato dalla Segreteria Generale del Sinodo nel mese di settembre 2017, con la partecipazione di esperti di diverse aree disciplinari (in particolare sociologi, psicologi, filosofi, teologi), ma anche di giovani arrivati dai diversi continenti. Il senso di questo evento – cui si sono aggiunte iniziative analoghe promosse da Conferenze Episcopali, Diocesi, Centri Accademici, Scuole, Associazioni, … – è stato quello di offrire al cammino di preparazione del Sinodo un adeguato supporto scientifico.

Una quarta “fonte” è rappresenta, poi, dalle Osservazioni liberamente inviate da singoli e gruppi di ogni parte del pianeta. Molti giovani hanno fatto arrivare la loro voce alla Segreteria del Sinodo, sia attraverso la posta elettronica (anche con Email indirizzate direttamente al Santo Padre) sia attraverso la posta ordinaria. Da varie parti del mondo sono arrivati testi di intere classi o di gruppi giovanili o di catechesi, elaborati con l’aiuto di insegnanti ed educatori.

La quinta “fonte” dell’Instrumentum laboris è, infine, costituita dal Documento finale e dalle sintesi dei gruppi di studio della Riunione pre-sinodale dei giovani, svoltasi dal 19-24 marzo scorsi, che rappresenta in ordine di tempo l’ultima delle iniziative promosse dalla Segreteria Generale del Sinodo in preparazione all’Assemblea del prossimo ottobre. Alla Riunione hanno preso parte oltre 300 ragazzi e ragazze. Con loro sono stati presenti anche esperti, educatori e formatori, impegnati in vario modo nell’accompagnamento dei giovani.

L’Instrumentum laboris è dunque – come è stato affermato appunto questa mattina – un documento “sinfonico”, un momento di convergenza dell’ascolto di tutti, e per tale ragione rappresenta in questo momento il testo più autorevole per comprendere le finalità, le attese e le prospettive della convocazione del prossimo ottobre. Esso costituisce, attraverso la sua struttura tripartita e le tematiche affrontate con ordine, una vera e propria “agenda” dei lavori sinodali.

Non bisogna al tempo stesso dimenticare che si tratta pur sempre di un testo provvisorio, destinato per sua natura a essere “superato” dal Documento finale del Sinodo, che sarà approvato al termine del mese di ottobre.

 

 

Le finalità del Sinodo

Quali sono – ci domandiamo anzitutto – le finalità del prossimo Sinodo? Esso ha come primo obiettivo quello di rendere consapevole tutta la Chiesa del suo importante e per nulla facoltativo compito di accompagnare ogni giovane, nessuno escluso, verso la gioia dell’amore. La pastorale giovanile non è un’opzione fra tante, soprattutto di fronte al passaggio epocale che stiamo vivendo e che interessa anzitutto proprio le nuove generazioni: si potrebbe dire, in un certo senso, che il Sinodo vuole renderci edotti che i giovani devono diventare una delle “vie” della Chiesa del terzo millennio e che dunque è necessaria, in tutte le Chiese locali e in ogni ambito della vita ecclesiale, una coraggiosa “mobilitazione” per i giovani.

In secondo luogo, una finalità fondamentale del Sinodo consiste nell’ampliamento del concetto tradizionale di vocazione e, di conseguenza, in un collegamento più evidente e per così dire sistematico fra pastorale giovanile e pastorale vocazionale, che si esprime nella formula, più volte impiegata dal Documento Preparatorio e ripresa nell’Instrumentum laboris, di «pastorale giovanile vocazionale».

Ci troviamo, in un certo senso, di fronte all’emergere di una nuova “grammatica”, dietro cui si riconosce l’emergere di una nuova mentalità: ogni uomo è un chiamato, dunque ogni uomo ha una vocazione da dover discernere. Poiché il tempo del discernimento vocazionale coincide soprattutto con l’età della giovinezza, in cui la persona è chiamata a operare le scelte fondamentali e irreversibili della sua vita (scelte di tipo affettivo, scolastico, professionale, …), ne consegue che non può esservi vera pastorale giovanile che non sia al contempo vera pastorale vocazionale.

Si deve realizzare un’inclusione reciproca tra pastorale giovanile e pastorale vocazionale, per evitare un duplice pericolo: il pericolo che la pastorale giovanile, da sola, si riduca a giovanilismo, esaurendosi nella volontà di contatto con i giovani senza educarli a rispondere all’appello di Dio a una vita in pienezza; e il pericolo che la pastorale vocazionale, da sola, si riduca a elitarismo, dando l’idea che solo alcuni sono chiamati – quelli cioè “tagliati” per diventare sacerdoti o religiosi – mentre tutti gli altri sono “abbandonati” a se stessi, votati a decidere in totale autonomia cosa fare della loro vita. Proponendo questa nuova grammatica, il cammino sinodale ci chiede insomma di qualificare dall’interno la pastorale giovanile e di estendere all’esterno gli spazi della pastorale vocazionale, ovviamente senza tralasciare una speciale attenzione alle vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa, questione che rappresenta una vera e propria “sfida” in molte Regioni del pianeta.

In terzo luogo, proprio prendendo sul serio questa missione, la Chiesa stessa potrà riacquistare un rinnovato dinamismo giovanile: il “ringiovanimento” della Chiesa, che il Sinodo intende propiziare, non è un’altra cosa rispetto a quell’«improrogabile rinnovamento ecclesiale» di cui Papa Francesco parla programmaticamente nell’Evangelii gaudium, intendendo con ciò quella «conversione pastorale» finalizzata a «fare in modo che [le strutture ecclesiali] diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia» (n. 27).

In un certo senso, il Sinodo rappresenta un’occasione per tutta la Chiesa per mettersi essa stessa in atteggiamento di discernimento sotto la guida dello Spirito Santo, così da riscoprire in che modo può meglio corrispondere oggi alla sua chiamata a essere anima, luce, sale e lievito del mondo.

 

Le attese dal Sinodo

Passando alle attese dei giovani nei riguardi del prossimo Sinodo, possiamo sintetizzarle attorno a una parola: “protagonismo”. Vi può essere un protagonismo negativo, che non va accolto né incentivato. Si tratta del protagonismo di chi vuole mettersi in mostra, di chi cerca di rubare la scena sul palcoscenico del mondo. Per il Papa occorre sapere rinunciare a quei comportamenti che nascono da ciò che egli definisce un «vano protagonismo» (cfr. Francesco, Omelia in occasione del Te Deum, 31 dicembre 2016).

Vi è invece un protagonismo buono, che nasce dalla consapevolezza che tutti abbiamo il diritto e il dovere di edificare la Chiesa e la società a partire dai nostri rispettivi doni e carismi, e che molte volte sono proprio i più giovani – come aveva già capito San Benedetto nella sua Regola – a possedere la parola giusta, lo sguardo risolutivo, l’idea innovativa di cui c’è bisogno.

Consapevoli delle loro straordinarie potenzialità, i giovani – spesso ignorati e “scartati” dalle nostre società malate di gerontocrazia – si aspettano di essere messi al centro dell’attenzione della Chiesa. Non consegue che non ci può illudere di poterli trattare come un “oggetto” di studio al quale andranno poi applicate delle conclusioni, senza interpellarli e senza prendere in considerazione la loro vita reale. Ciò che essi si aspettano – e la Riunione pre-sinodale ce l’ha ampiamente dimostrato – è di essere considerati come “soggetti attivi” nella costruzione della loro vita, come anche nell’opera di evangelizzazione della Chiesa.

Ecco dunque che il cammino intrapreso dovrà raggiungere e rendere protagonisti tutti i giovani del mondo, non solo i cattolici e i cristiani, ma anche gli appartenenti ad altre credenze o fedi religiose ed anche i non credenti. E raggiungerli in qualsiasi situazione si trovino, sia che studino sia che lavorino, sia che svolgano una vita cosiddetta “regolare” sia che vivano esperienze che li hanno portati, potremmo dire, ai margini della società.

Perderemmo un’occasione favorevole se ci limitassimo solo ai giovani che partecipano attivamente alla vita ecclesiale o alle iniziative che promuoviamo come Chiesa. L’intenzione è quella di raggiungere tutti i giovani, o almeno il maggior numero possibile di essi, nelle situazioni concrete della loro esistenza, tenendo in debito conto le specificità che caratterizzano i giovani nelle diverse aree geografiche della Terra. La portata è di grande respiro e ci “obbliga” ad allargare i nostri orizzonti di conoscenza e comprensione della realtà giovanile per arrivare a formulare delle proposte che rispondano ai desideri e alle attese che i giovani manifestano nelle diverse situazioni che si trovano a vivere in ogni angolo del mondo.

L’anno scorso, durante la Veglia di Preghiera in preparazione alla XXXII Giornata Mondiale della Gioventù, dopo aver sottolineato che il Sinodo non è solo per i giovani delle associazioni cattoliche, ma per tutti, Papa Francesco ha messo in chiaro che «i giovani sono i protagonisti [...]. Questo è il Sinodo dei giovani, e noi tutti vogliamo ascoltarci. Ogni giovane ha qualcosa da dire agli altri, ha qualcosa da dire agli adulti, ha qualcosa da dire ai preti, alle suore, ai vescovi e al Papa. Tutti abbiamo bisogno di ascoltare voi».

E, del resto, già il Documento Preparatorio affermava: «I giovani non si percepiscono come una categoria svantaggiata o un gruppo sociale da proteggere e, di conseguenza, come destinatari passivi di programmi pastorali o di scelte politiche. Non pochi tra loro desiderano essere parte attiva dei processi di cambiamento del presente, come confermano quelle esperienze di attivazione e innovazione dal basso che vedono i giovani come principali, anche se non unici, protagonisti» (I, 2).

Potremmo dire che, in sintesi, emergono dai giovani questi elementi, quasi come un refrain cantato a più voci:

-         il bisogno di essere ascoltati e valorizzati;

-         il desiderio di poter “dire la loro” e di partecipare attivamente ai cambiamenti dentro la società e dentro la Chiesa;

-         la sete di incontrare persone che siano credibili nei comportamenti che assumono, e quindi veri esempi di una vita vissuta nell’amore e nella gioia;

-         la necessità di orientamenti chiari a cui fare riferimento, senza per questo doversi sentire intrappolati in norme rigide di cui non capiscono il senso.

Queste attese interpellano prepotentemente la comunità ecclesiale. I giovani spingono per un rinnovamento del modo di essere e di agire della Chiesa, per una trasformazione che la renda più agile, meno strutturale, più dinamica, capace di confrontarsi senza paure con le altre culture, con le altre religioni e con i diversi tipi di società. Una Chiesa che sta con la gente, capace di essere presente lì dove i giovani sono, nei luoghi che abitano, anche in quelli non “fisici”, come è il mondo dei social media. Una Chiesa, quindi, che sa entrare in dialogo anche con la cultura globalizzata e tecnologica in cui ci troviamo a vivere e sa adottare nuovi linguaggi per annunciare oggi in maniera credibile la Buona Notizia di sempre. Una Chiesa concreta, che li aiuti a trovare una soluzione ai problemi che li affliggono e li accompagni discretamente, ma efficacemente, nelle scelte decisive per la loro vita. Una Chiesa che è disposta anche a imparare da loro e che non teme di mettersi in discussione per trovare strade nuove che le permettano di raggiungere il cuore dei giovani, rinunciando a riempire solo la loro testa di parole che a loro non dicono più nulla e di divieti imposti senza spiegazioni convincenti.

 

Prospettive dopo il Sinodo

Quanto alle prospettive che il Sinodo vorrebbe dischiudere per il “dopo”, esse sono riassunte nel titolo della terza parte dell’Instrumentum laboris: «Scegliere: cammini di conversione pastorale e missionaria».

Si tratta di un’espressione dell’Evangelii gaudium (n. 25), che individua un orizzonte impegnativo: si tratta qui certamente della conversione del cuore e della mente, ma anche del necessario rinnovamento delle pratiche pastorali.

Le prospettive del Sinodo consistono, in primo luogo, nella ridefinizione del volto di una Chiesa che desidera essere generativa nei confronti dei giovani, una Chiesa che fa del discernimento il suo modo di procedere abituale e il suo stile inconfondibile. Una Chiesa chiamata a mettere mano alle sue forme e al suo modo di abitare il mondo di oggi; chiamata a essere segno di fraternità in un mondo lacerato; chiamata a lavorare per il Regno di Dio in forma integrale, disinteressata e decentrata.

Una seconda prospettiva prende avvio dalla consapevolezza che, lungi dal colpevolizzare i giovani per la loro lontananza dalla Chiesa, si farebbe meglio a dire che molte volte è la Chiesa a essersi allontanata dai giovani. Scuola, università, mondo del lavoro, impegno politico, ambiente digitale, musica, sport e amicizia sono tra i principali ambiti di vita dei giovani. Essere partecipi della vita quotidiana dei giovani significa poter riconoscere che la loro esistenza è attraversata dalla presenza di Dio e dall’azione della grazia che va accolta, accompagnata e portata a compimento.

Una terza prospettiva riguarda la forma e la forza della comunità ecclesiale oggi in relazione alla sua identità e missione per e con i giovani. Tanti qui saranno i punti da discutere al Sinodo: dalla forma familiare della Chiesa alla sua proposta di spiritualità, dalla valutazione della sua passione educativa al coinvolgimento delle famiglie nella pastorale giovanile vocazionale, dalla qualità dell’iniziazione cristiana alla valorizzazione della Parola di Dio e della liturgia, dal servizio e dal volontariato in ottica di discernimento vocazionale alla sua vocazione di Chiesa aperta e accogliente per tutti.

Una quarta prospettiva riguarda l’animazione e l’organizzazione della pastorale. Anche qui le opzioni e le scelte da fare saranno parecchie, perché le domande emerse dall’ascolto sono state molte.

Proprio con alcune di queste domande – proposte già stamattina – vorrei concludere questo intervento, nella speranza che esse possano suscitare anche un dibattito tra noi: come promuovere il protagonismo giovanile in una realtà ecclesiale tendenzialmente ancora dominata dal clericalismo? Come creare comunione tra i vari livelli di animazione della pastorale (mondiale, diocesana, parrocchiale)? Come avviare o rafforzare un lavoro di comunione tra i diversi soggetti della pastorale giovanile vocazionale (clero, religiosi e religiose, movimenti e associazioni)? Come rafforzare il lavoro in rete non solo nella Chiesa, ma tra diverse Chiese, diversi soggetti civili, sociali e religiosi? In che modo strutturare percorsi educativi e pastorali che sappiano unificare eventi straordinari e vita quotidiana dei giovani? Come progettare proposte formative appropriate per i candidati al sacerdozio e alla vita religiosa, accompagnandoli in un percorso di maturazione nella libertà e di progressivo discernimento in vista di una scelta definitiva? Infine, a partire da quale prospettiva pensare ad una pastorale che sia veramente integrata e orientata alla centralità dei giovani?