Messaggio del Santo Padre Francesco ai partecipanti al Convegno Internazionale sulla "Pastorale Vocazionale e Vita Consacrata. Orizzonti e Speranze"
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO INTERNAZIONALE SUL TEMA:
«PASTORALE VOCAZIONALE E VITA CONSACRATA. ORIZZONTI E SPERANZE»
[Roma, Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, 1° - 3 dicembre 2017]
Cari fratelli e sorelle,
Saluto i partecipanti a questo Congresso Internazionale promosso dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica su «Pastorale vocazionale e vita consacrata. Orizzonti e speranze». Ringrazio la Congregazione per l’iniziativa di questo evento che vuole essere l’apporto del Dicastero al prossimo Sinodo dei Vescovi che si occuperà del tema: «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale». Frattanto, attraverso questo messaggio, saluto tutti voi che siete venuti a Roma per partecipare al presente incontro, vi assicuro anche della mia preghiera al Padrone della messe affinché questo Congresso aiuti tutti i consacrati a dare una risposta generosa alla loro vocazione, e, al tempo stesso, li aiuti tutti a intensificare la pastorale vocazionale tra le famiglie e i giovani di modo che quanti sono chiamati alla sequela di Cristo nella vita consacrata, o in altre vocazioni all’interno del Popolo di Dio, possano trovare i canali adeguati per accogliere questa chiamata e rispondervi con generosità.
Innanzitutto desidero presentarvi alcune convinzioni sulla pastorale vocazionale. E la prima è questa: parlare di pastorale vocazionale è affermare che ogni azione pastorale della Chiesa è orientata, per sua stessa natura, al discernimento vocazionale, in quanto il suo obiettivo ultimo è aiutare il credente a scoprire il cammino concreto per realizzare il progetto di vita al quale Dio lo chiama.
Il servizio vocazionale deve essere visto come l’anima di tutta l’evangelizzazione e di tutta la pastorale della Chiesa. Fedele a questo principio non esito ad affermare che la pastorale vocazionale non si può ridurre ad attività rinchiuse in se stesse. Il che potrebbe trasformarsi in proselitismo e potrebbe portare anche a cadere nella «tentazione di facili e improvvidi reclutamenti» (Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Vita consecrata, n. 64). La pastorale vocazionale, invece, deve porsi in stretto rapporto con l’evangelizzazione e l’educazione alla fede, affinché la pastorale vocazionale sia un vero itinerario di fede e porti all’incontro personale con Cristo, e con la pastorale ordinaria, specialmente con la pastorale della famiglia, di modo che i genitori si assumano, con gioia e responsabilità, la loro missione di essere i primi animatori vocazionali dei figli, liberando se stessi e liberando i propri figli dal rimanere bloccati all’interno di prospettive egoistiche, di calcolo e di potere, che molte volte emergono in seno alle famiglie, anche in quelle praticanti. Ciò significa consolidare la proposta vocazionale, e anche la proposta vocazionale alla vita consacrata, in una solida ecclesiologia e in un’adeguata teologia della vita consacrata, che proponga e valorizzi opportunamente tutte le vocazioni tra il Popolo di Dio.
Una seconda convinzione è che la pastorale vocazionale deve avere il suo “humus” più adeguato nella pastorale giovanile. Pastorale giovanile e pastorale vocazionale devono tenersi per mano. La pastorale vocazionale poggia, sorge e si sviluppa nella pastorale giovanile. Da parte sua, la pastorale giovanile, per essere dinamica, completa, efficace e veramente formativa, deve essere aperta alla dimensione vocazionale. Il che significa che la dimensione vocazionale della pastorale giovanile non è qualcosa che si deve proporre solo alla fine di tutto il processo o a un gruppo particolarmente sensibile a una chiamata vocazionale specifica, ma che si deve proporre costantemente nel corso di tutto il processo di evangelizzazione e di educazione nella fede degli adolescenti e dei giovani.
Una terza convinzione è che la preghiera deve occupare un posto molto importante nella pastorale vocazionale. Il Signore lo dice chiaramente: «Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe» (Mt 9, 38). La preghiera costituisce il primo e insostituibile servizio che possiamo offrire alla causa delle vocazioni. Posto che la vocazione è sempre un dono di Dio, la chiamata vocazionale e la risposta a tale vocazione possono risuonare e farsi sentire solo nella preghiera, senza che ciò sia inteso come un facile mezzo per disinteressarci del lavoro nell’evangelizzazione dei giovani affinché si aprano alla chiamata del Signore. Pregare per le vocazioni presuppone, in primo luogo, pregare e lavorare per la fedeltà alla propria vocazione; creare ambiti in cui sia possibile ascoltare la chiamata del Signore; metterci in cammino per annunciare il «vangelo della vocazione», per promuovere e suscitare vocazioni. Chi prega davvero per le vocazioni, lavora instancabilmente per creare una cultura vocazionale.
Questi principi mi portano ora a presentarvi alcune sfide che ritengo importanti. Una prima sfida è quella della fiducia. Fiducia nei giovani e fiducia nel Signore. Fiducia nei giovani, perché ci sono molti giovani che, pur appartenendo alla generazione “selfie” o a questa cultura che, più che “fluida” sembra essere “gassosa”, cercano un senso pieno per la loro vita, anche se non sempre lo cercano là dove lo possono trovare. È qui che noi consacrati abbiamo un ruolo importante: restare desti per destare i giovani, essere incentrati sul Signore per poter aiutare il giovane a incentrarsi su di Lui. Molte volte i giovani si aspettano da noi un annuncio esplicito del «vangelo della vocazione», una proposta coraggiosa, evangelicamente esigente e al tempo stesso profondamente umana, senza sconti e senza rigidità. Inoltre fiducia nel Signore, sicuri che Lui continua a suscitare nel Popolo di Dio diverse vocazioni per il servizio del Regno. Bisogna vincere la facile tentazione che ci porta a pensare che in certi ambiti non è più possibile suscitare vocazioni. «Nulla è impossibile» a Dio (Lc 1, 37). Ogni tratto della storia è tempo di Dio, anche il nostro, perché il suo Spirito soffia dove vuole, come vuole e quando vuole (cfr. Gv 3, 8). Qualunque stagione può essere un «kairos» per mietere il raccolto (cfr. Gv 4, 35-38).
Un’altra sfida importante è la lucidità. È necessario avere uno sguardo acuto e, al tempo stesso, uno sguardo di fede sul mondo, e in particolare sul mondo dei giovani. È essenziale conoscere bene la nostra società e l’attuale generazione dei giovani di modo che, cercando i mezzi opportuni per annunciare loro la Buona Novella, possiamo annunciare loro anche il «vangelo della vocazione». Altrimenti staremmo dando risposte a domande che nessuno si fa.
Un’ultima sfida che vorrei segnalare è la convinzione. Per proporre oggi a un giovane il «vieni e seguimi» (cfr. Gv 1, 39) occorre audacia evangelica; la convinzione che la sequela di Cristo, anche nella vita consacrata, vale la pena, e che il dono totale di sé alla causa del Vangelo è qualcosa di stupendo e bello che può dare un senso a tutta una vita. Solo così la pastorale vocazionale sarà narrazione di ciò che si vive e con cui si riempie di senso la propria vita. E solo così la pastorale vocazionale sarà una proposta convincente. Il giovane, come tutti i nostri contemporanei, non crede più tanto ai maestri, vuole invece vedere testimoni di Cristo (cfr. Paolo VI, Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi, n. 41).
Se desideriamo che una proposta vocazionale a seguire Cristo tocchi il cuore dei giovani e questi si sentano attratti da Cristo e dalla sequela Christi propria della vita consacrata, la pastorale vocazionale deve essere:
Differenziata, in modo da rispondere alle domande che ogni giovane si pone e da offrire a ognuno di loro il necessario per colmare in abbondanza il loro desiderio di ricerca (cfr. Gv 10, 10). Non si può dimenticare che il Signore chiama ciascuno per nome, con la sua storia, e a ciascuno offre e chiede un cammino personale e intrasferibile nella sua risposta vocazionale.
Narrativa. Il giovane vuole vedere «narrato» nella vita concreta di un consacrato il modello da seguire: Gesù Cristo. La pastorale del «contagio», del «vieni e vedrai», è l’unica pastorale vocazionale veramente evangelica, senza sapore di proselitismo. «I giovani sentono il bisogno di figure di riferimento vicine, credibili, coerenti e oneste, oltre che di luoghi e occasioni in cui mettere alla prova la capacità di relazione con gli altri» (Sinodo dei Vescovi, XV Assemblea generale ordinaria, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Documento preparatorio, 2017, n. 2). Solo una proposta di fede vocazionale incarnata può entrare nella vita di un giovane e non il contrario.
Ecclesiale. Una proposta di fede o vocazionale ai giovani si deve fare nella cornice ecclesiale del Vaticano II. È questa la «bussola per la Chiesa nel XXI secolo» (cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Novo millennio ineunte, n. 43) e per la vita consacrata ai giorni nostri. Questa cornice ecclesiale chiede ai giovani un impegno e una partecipazione alla vita della Chiesa come attori e non come semplici spettatori. Si devono anche sentire partecipi della vita consacrata, con le sue attività, la sua spiritualità, il suo carisma, la sua vita fraterna, il suo modo di vivere la sequela di Cristo.
Evangelica e come tale impegnata e responsabile. La proposta di fede, come pure la proposta vocazionale alla vita consacrata, devono partire dal centro di ogni pastorale: Gesù Cristo, così come ci viene presentato nel Vangelo. Non serve evadere, né servono le fughe intimiste o gli impegni meramente sociali. La «pastorale show» o la «pastorale passatempo» sono lontane dalla pastorale vocazionale. Il giovane va posto dinanzi alle esigenze del Vangelo. «Il Vangelo è esigente e domanda di essere vissuto con radicalità e sincerità» (Lettera a tutti i consacrati, 21 novembre 2014, n. 2). Il giovane va messo in una situazione in cui accetti responsabilmente le conseguenze della propria fede e della sequela di Cristo. In questo tipo di pastorale non si tratta di reclutare agenti sociali, ma veri discepoli di Gesù con il comandamento nuovo del Signore come parola d’ordine e con il codice delle beatitudini come stile di vita.
Accompagnata. Una cosa è chiara nella pastorale giovanile: è necessario accompagnare i giovani, camminare con loro, ascoltarli, provocarli, scuoterli perché vadano al di là delle comodità in cui si adagiano, risvegliare il desiderio, spiegare loro che cosa stanno vivendo, condurli da Gesù, e sempre favorendo la libertà affinché rispondano alla chiamata del Signore in modo libero e responsabile (cfr. Sinodo dei Vescovi, XV Assemblea generale ordinaria, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Documento preparatorio, 2017, III, 1). È necessario creare un clima di fiducia, far sentire ai giovani che sono amati così come sono e per quello che sono. Il passo dei discepoli di Emmaus può essere un buon esempio di accompagnamento (cfr. Lc 24, 13-35). Il rapporto personale con i giovani da parte dei consacrati è insostituibile.
Perseverante. Con i giovani bisogna essere perseveranti, seminare e attendere pazientemente che il seme cresca e un giorno possa recare frutto. L’agente di pastorale giovanile nella sua missione deve essere ben consapevole che il suo lavoro è quello di seminare, qualcun altro farà crescere e altri ancora raccoglieranno i frutti.
Giovanile. Non possiamo trattare i giovani come se non fossero tali. La nostra pastorale giovanile deve essere caratterizzata dalle seguenti note: dinamica, partecipativa, gioiosa, speranzosa, audace, fiduciosa. E sempre piena di Dio, che è ciò di cui ha più bisogno un giovane per colmare il suo giusto anelito di pienezza: piena di Gesù che è l’unico cammino che i giovani devono percorrere, l’unica verità a cui sono chiamati ad aderire, l’unica vita per cui vale la pena dare tutto (cfr. Gv 1, 35 e seg.).
Cari partecipanti a questo Congresso, due cose mi sembrano certe nel tema della pastorale vocazionale e della vita consacrata. La prima è che non ci sono risposte magiche e la seconda che alla vita consacrata, come del resto a tutta la Chiesa, si sta chiedendo una vera «conversione pastorale», non solo di linguaggio, ma anche di stile di vita, se vuole connettersi con i giovani per proporre loro un cammino di fede e fare loro una proposta vocazionale.
Che nessuno vi rubi la gioia di seguire Gesù Cristo e il coraggio di proporlo agli altri come la via, la verità e la vita (Gv 14, 6). Spezziamo le nostre paure! È giunto il momento che i giovani sognino e gli anziani profetizzino (cfr. Gioe 2, 28). Alziamoci! «Mettiamoci all’opera» (cfr. Esd 10, 4). I giovani ci aspettano. È ora di metterci in cammino.
FRANCESCO