XV ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI (3-28 ottobre)

I giovani, la fede e il discernimento vocazionale

Omelia del Cardinale Lorenzo Baldisseri in occasione dell’Incontro dei giovani FOCOLARI

Castel Gandolfo, 18 Novembre 1917

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Sap 18,14-16; 19,6-9; Sal 104; Lc 18,1-8

 

“Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18, 6a)

Carissimi giovani, dirigenti, organizzatori del Convegno,

Sono veramente lieto di presiedere questa Eucaristia di lode e di ringraziamento a Dio con voi che siete riuniti al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo per un incontro programmatico delle vostre attività giovanili presenti in tutto il mondo.

Le parole di Gesù: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra”, che concludono il vangelo di oggi, sono veramente appropriate con quanto abbiamo esposto e dialogato insieme appena prima di questa celebrazione nella sala del nostro incontro. E ciò lo considero provvidenziale, in quanto credo fermamente che niente accade per caso.

La fede, questa parola di Gesù pronunciata alla fine del suo discorso parabolico, richiama il tema  del Sinodo del 2018, dedicato ai giovani che porta il titolo: “I giovani, la fede e il discernimento vocazione”.

Abbiamo illustrato, anche attraverso un dialogo fruttuoso, quanto sia importante nella tematica la fede, che viene ad occupare il centro di tutto il lavoro sinodale. D’altra parte che cosa la Chiesa può proporre ai giovani e a tutta l’umanità se non Gesù, il Figlio di Dio che è venuto al mondo, inviato dal Padre celeste? E’ Gesù stesso che lo dice a Nicodemo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Dio, come disse un giorno Papa Francesco in una omelia di Santa Marta, non è come lo “spray”, un qualcosa di generico, di vaporoso, che porta sollievo in un momento. Dio è persona, anzi Dio è tre persone distinte: Padre, Figlio e Spirito Santo, per significare che non è un solitario, una monade vagante, nemmeno un’idea che può diventare ideologia, ma è famiglia, comunione.

Parlando dell’uomo capiamo meglio chi è Dio. Secondo la Scrittura l’uomo è una creatura fatta ad immagine e somiglianza di Dio: come l’uomo non è un’astrazione ma qualcuno, così Dio è non è un’idea, ma Qualcuno (con Q maiuscola). E’ Qualcuno che vuole prendere sembianze umane, un volto umano, per rispondere all’anelito dell’uomo di conoscere Dio, ben espresso dal Salmista che implora: “O Dio mostra il tuo volto”.

Allora la fede, di cui parla Gesù, quando dice: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà,  troverà la fede sulla terra?” si identifica con la stessa persona di Gesù.

Cari giovani, Gesù non è solo un famoso personaggio storico come Alessandro Magno, Cesare, Napoleone o Gandhi, ma è una persona unica, che ha segnato la storia dell’uomo e la creazione intera. Dobbiamo ammettere che sin dall’inizio della nostra esistenza nel mondo, nonostante le ricerche e le scoperte, noi uomini abbiamo appena balbettato per capire qualcosa di questo mondo che ci circonda. Con Lui qualcosa di diverso, di straordinario e di unico è avvenuto. Sì, si tratta effettivamente un evento, non solo di una semplice persona.

Una Parola speciale, autorevole, è stata pronunciata sin dall’eternità: “In pricipium erat Verbum”(…). Et Vebum caro factum est”, dice Giovanni nel Prologo, “ et habitabit in nos”. Questa Parola, come ben sappiamo, già si era fatta udire nell’Antico Testamento. Ce lo ricorda il brano della prima lettura di oggi, tratto dal Libro della Sapienza: “Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose (….) la tua parola onnipotente (…) come spada affilata (…) riempì” cielo, terra e inferi e accompagnò, come “nube”, come traccia di strada asciutta nel Mar Rosso, la liberazione del popolo ebreo verso la terra promessa.

Si tratta dunque di un disegno divino, inteso a scegliere un popolo, che desse i natali, - compiuti i tempi - al Figlio Unigenito, per ridonare la vita all’uomo perduto e morto per il peccato.

La figura di Gesù prende allora i contorni di un unicum, un riferimento incontrovertibile, una realtà irrinunciabile, una persona impossibile ad evitare,  una persona che intriga tutti, anche quelli che lo vogliono ignorare.

Quanto vorrei che il percorso sinodale fosse un’occasione privilegiata per far conoscere la persona di Gesù: le sue gesta, il suo insegnamento, la sua testimonianza, la sua presenza vivente: non un semplice ricordo, non un semplice maestro di vita, come tanti, anche illustri, nella storia.

Il vangelo ci parla del giudice disonesto e utilizza una parabola, com’è il suo stile oratorio, e il suo proposito (diremmo la morale della favola) è     quello di spiegare “la necessità di pregare sempre senza stancarsi mai” (Lc 18, 1). Si tratta di un giudice che non ascolta la vedova che chiede giustizia. La vedova è talmente insistente che alla fine il giudice per non essere ulteriormente molestato decide di farle giustizia. Gesù conclude dicendo che non ci si deve stancare di pregare, di pregare il Signore. Se il giudice disonesto ha fatto giustizia alla vedova, dice Gesù: “Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di Lui” (v. 8).

Con questa parabola Gesù tocca pure un tasto delicato, quello concernente  l’amministrazione della giustizia. Purtroppo ancor oggi accade che i poveri non ottengono giustizia, non solo quella legale. Qui si aprirebbe l’ampio spettro delle ingiustizie sociali, delle disuguaglianze, dello sfruttamento e della povertà di intere popolazioni, prodotto di sistemi e di politiche disumane. Ma restando nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, potremmo dire che è una piaga che infetta ogni settore della vita pubblica.

Ritornando al monito di Gesù di non stancarsi mai di pregare, spesso si sente dire da tante persone devote e pie che pregano, pregano, poi aggiungono: “ma il Signore non mi ascolta”. Oppure dicono: “Il Signore mi castiga, non mi toglie questo affanno, questo dolore” Allora dicono: Mi stanco di pregare. Quasi perdo la fiducia, mi sento abbandonata”.

Gesù oggi raccomanda a tutti di pregare, e con insistenza, ci fa capire la forza della preghiera che è capace di toccare il cuore di Dio. Sappiamo bene che Dio è amore, misericordia, è padre, è consolatore, è presente come creatore e Signore, è redentore attraverso Gesù che è nostro fratello. Come possiamo disperare o pensare che Dio non ci ascolta? Dio ci conosce “intus et in cute”, sa quale è il bene per ciascuno di noi, è lui che ci guida, è lui che indica il cammino da fare, noi dobbiamo imparare ad abbandonarci in lui. La preghiera è uno splendido esercizio permanente di unione con lui. Lui è la nostra speranza.

Ed ora facciamo un passo ulteriore nella nostra riflessione.

Abbiamo scoperto che il contenuto della fede è Gesù in persona. Ci dobbiamo domandare in primo luogo se la fede che abbiamo ricevuto nel battesimo è viva oppure è languida. E’ forse sparita, o è addirittura morta? E se è viva, in che misura sono capace di parteciparla agli altri, farla conoscere, e così lanciarmi verso la missione. La Chiesa “in uscita” di cui parla papa Francesco significa proprio questo. La Chiesa sono tutti i battezzati, non è una cosa astratta. I battezzati siamo tutti noi. Siete voi cari giovani che partecipate a questa Liturgia. E, se vi sono tra voi non cristiani, siete ugualmente nostri fratelli perché Dio è padre di tutti.

Oggi dobbiamo essere coscienti che il cristiano è discepolo e missionario, come ha messo in luce il documento di “Aparecida” (2007). I giovani sono invitati a prenderne coscienza e divenire loro i missionari dei loro pari. Gli adulti, nelle loro diverse funzioni, carismi, solo lì per accompagnarli in questa missione, che ha una particolare importanza nel Sinodo, come punto di riferimento, come lancio missionario per il futuro della Chiesa e della società.

I giovani saranno anche chiamati a pensare riflettere sulla loro scelta di vita, che implica rispondere ad una vocazione, che è presente per tutti. Vocazione a 360 gradi, cominciando dalla vocazione a formarsi una famiglia, a quella del ministero sacerdotale o alla vita consacrata, od altre forme di vocazione, come il volontariato, la dedicazione alla scienza, alla filantropia, alla politica.

 

Dio ci ha chiamati mediante il Vangelo

Per entrare in possesso della gloria

Del Signore nostro Gesù Cristo” (Accl. al Vangelo).