L'Instrumentum Laboris per il Sinodo sull'Amazzonia
INSTRUMENTUM LABORIS
ASSEMBLEA SPECIALE DEL SINODO DEI VESCOVI PER LA REGIONE PANAMAZZONICA
AMAZZONIA: NUOVI CAMMINI PER LA CHIESA E PER UNA ECOLOGIA INTEGRALE
Vaticano - 17 giugno 2019
I N D I C E
Introduzione.
PARTE I: LA VOCE DELL’AMAZZONIA.
Capitolo I: Vita.
Amazzonia, fonte di vita.
Vita in abbondanza.
Il “buon vivere”.
Vita minacciata.
Difendere la vita, combattere lo sfruttamento.
Grido per la vita.
Capitolo II: Territorio.
Territorio, vita e rivelazione di Dio.
Un territorio dove tutto è connesso.
La bellezza e la minaccia del territorio.
Territorio di speranza e del “buon vivere”.
Capitolo III: Tempo (Kairos)
Tempo di grazia.
Tempo di inculturazione e interculturalità.
Tempo di sfide serie e urgenti
Tempo di speranza.
Capitolo IV: Dialogo.
Nuovi cammini di dialogo.
Dialogo e missione.
Dialogo con i popoli amazzonici
Dialogo e apprendimento.
Dialogo e resistenza.
Conclusione.
PARTE II: ECOLOGIA INTEGRALE: IL GRIDO DELLA TERRA E DEI POVERI.
Capitolo I: Distruzione estrattivista.
Il grido amazzonico.
Ecologia integrale.
Ecologia integrale in Amazzonia.
No alla distruzione dell’Amazzonia.
Suggerimenti
Capitolo II: Popoli Indigeni in isolamento Volontario (PIAV): minacce e protezione
Popoli nelle periferie.
Popoli vulnerabili
Suggerimenti
Capitolo III: Migrazione.
Popoli amazzonici in uscita.
Cause della migrazione.
Conseguenze della migrazione.
Suggerimenti
Capitolo IV: Urbanizzazione.
Urbanizzazione dell’Amazzonia.
Cultura urbana.
Sfide urbane.
Suggerimenti
Capitolo V: Famiglia e comunità.
Le famiglie amazzoniche.
Cambiamenti sociali e vulnerabilità familiare.
Suggerimenti
Capitolo VI: Corruzione.
Corruzione in Amazzonia.
Piaga morale strutturale.
Suggerimenti
Capitolo VII: La questione della salute integrale.
Salute in Amazzonia.
Valorizzazione e approfondimento delle medicine tradizionali
Suggerimenti
Capitolo VIII: Educazione integrale.
Una Chiesa sinodale: discepola e maestra.
Educazione come incontro.
Educazione ad una ecologia integrale.
Suggerimenti
Capitolo IX: La conversione ecologica.
Cristo ci chiama alla conversione (cf. Mc 1,15)
Conversione integrale.
Conversione ecclesiale in Amazzonia.
Suggerimenti
PARTE III: CHIESA PROFETICA IN AMAZZONIA: SFIDE E SPERANZE.
Capitolo I: Chiesa dal volto amazzonico e missionario.
Un volto ricco di espressioni .
Un volto locale di dimensione universale.
Un volto di sfida dinanzi alle ingiustizie.
Un volto inculturato e missionario.
Capitolo II: Sfide dell’inculturazione e dell’interculturalità.
In cammino verso una Chiesa dal volto amazzonico e indigeno.
Suggerimenti
L’evangelizzazione nelle culture
Suggerimenti
Capitolo III: La celebrazione della fede: una liturgia inculturata.
Suggerimenti
Capitolo IV: L’organizzazione delle comunità.
La cosmovisione degli indigeni
Distanze geografiche e pastorali
Suggerimenti
Capitolo V: l’evangelizzazione nelle città.
Missione urbana.
Sfide urbane.
Suggerimenti
Capitolo VI: Dialogo ecumenico e interreligioso.
Suggerimenti
Capitolo VII: Missione dei mezzi di comunicazione.
Media, ideologie e culture.
I media della Chiesa.
Suggerimenti
Capitolo VIII: Il ruolo profetico della Chiesa e la promozione umana integrale.
Chiesa in uscita.
Chiesa in ascolto.
Chiesa e potere.
Suggerimenti
Conclusione
SIGLE
AG Decreto Ad Gentes: Sull’Attività Missionaria della Chiesa, Paolo VI, Concilio Vaticano II, 1965.
AL Esortazione Apostolica Post-sinodale Amoris Laetitia, Francesco, 2016.
CIMI Consiglio Indigenista Missionario, CNBB, Brasile.
CNBB Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile.
CV Enciclica Caritas in veritate, Benedetto XVI, 2009.
DAp. Documento della V CONFERENZA GENERALE DELL’EPISCOPATO LATINOAMERICANO E DEL CARIBE (CELAM), Aparecida, Brasile, 2007.
DM Documento della II CONFERENZA GENERALE DELL’EPISCOPATO LATINOAMERICANO E DEL CARIBE (CELAM), Medellín, Colombia, 1968.
Doc. Bolivia Doc. Bolivia: Informe país: consulta pre-sinodal. Bolivia 2019.
Doc. Eje de Fronteras Doc. Eje de Fronteras (2019). Preparação ao SINODO para a Amazônia. Tabatinga, Brasil, 11 a 13 de fevereiro de 2019
Doc. Manaos Documento dell’Assemblea delle Regioni Nord 1 e 2 della CNBB, “A Igreja e faz carne e arma sua tenda na Amazônia”, Manaus, 1997, en: CONFERÊNCIA NACIONAL DOS BISPOS DO BRASIL, Desafio missionário. Documentos da Igreja na Amazônia. Coletânea, Ed. CNBB, Brasília, 2014, pp. 67-84.
Doc. Preparatorio. Documento Preparatorio del Sinodo per l’Amazzonia: Nuovi Cammini per la Chiesa e per una Ecologia Integrale, Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, 2018.
Doc. Venezuela Doc. Venezuela. CEV. Respuestas asambleas (2019).
DP Documento della III CONFERENZA GENERALE DELL’EPISCOPATO LATINOAMERICANO E DEL CARIBE (CELAM), Puebla, Messico, 1979.
DSD Documento della IV CONFERENZA GENERALE DELL’EPISCOPATO LATINOAMERICANO E DEL CARIBE (CELAM), Santo Domingo, Repubblica Dominicana, 1992.
DV Costituzione dogmatica Dei Verbum (sulla Divina Rivelazione). Concilio Vaticano II, 1965.
EC Costituzione Apostolica Episcopalis Communio, Francesco, 2018.
EG Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, Francesco 2013.
Fr.PM Discorso del Santo Padre Francesco in occasione dell’Incontro con i Popoli dell’Amazzonia. Coliseo Madre de Dios (Puerto Maldonado), 19 gennaio 2018.
IBGE Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica.
LS Lettera Enciclica Laudato Si’: sulla cura della casa comune, Francesco, 2015.
NMI Lettera Apostolica Novo Millenio Ineunte, Giovanni Paolo II, 2001.
OA Lettera Apostolica Octogesima Adveniens, Paolo VI, 1971.
PIAV Popoli Indigeni in Isolamento Volontario.
RM Lettera Enciclica Redemptoris Missio, Giovanni Paolo II, 1990.
RP Esortazione Apostolica Post-sinodale Reconciliatio et paenitentia, Giovanni Paolo II, 1984.
SC Costituzione Sacrosanctum Concilium (sulla Sacra Liturgia), Concilio Vaticano II, 1963.
Sint. REPAM AAVV., “Sistematización de aportes esenciales desde las voces de los actores territoriales” en REPAM, Amazonía: Nuevos Caminos para la Iglesia y para la Ecología Integral. Síntesis general de la red eclesial Panamazónica –REPAM- Asambleas Territoriales, Foros Temáticos, Contribuciones especiales y escuchas sobre el sínodo, Segreteria Esecutiva della REPAM, Quito 2019.
SRS Lettera Enciclica Sollicitudo Rei Socialis, Giovanni Paolo II, 1987.
VG Costituzione Apostolica Veritatis Gaudium circa le Università e le Facoltà Ecclesiastiche, Francesco, 2017.
Introduzione
“Il Sinodo dei Vescovi deve sempre più diventare uno strumento privilegiato di ascolto del Popolo di Dio: «Dallo Spirito Santo per i Padri sinodali chiediamo, innanzitutto, il dono dell’ascolto: ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del Popolo; ascolto del Popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama»” (EC, 6)
1. Il 15 ottobre 2017, Papa Francesco ha annunciato la convocazione di un Sinodo Speciale per l'Amazzonia, avviando un processo di ascolto sinodale che è iniziato nella stessa Regione Amazzonica con la sua visita a Puerto Maldonado (19/01/2018). L’Instrumentum Laboris è il frutto di questo lungo processo che comprende la stesura del Documento preparatorio per il Sinodo del giugno 2018 e un ampio sondaggio tra le comunità amazzoniche[1].
2. La Chiesa ha di nuovo oggi l'opportunità di stare in ascolto in questa zona in cui tanto è in gioco. Ascoltare implica riconoscere l'irruzione dell'Amazzonia come nuovo soggetto. Questo nuovo soggetto, che non è stato sufficientemente considerato nel contesto nazionale o mondiale né nella vita della Chiesa, è ora un interlocutore privilegiato.
3. Ma ascoltare non è facile. Da un lato, la sintesi delle risposte al questionario da parte delle Conferenze Episcopali e delle comunità risulterà sempre incompleta e insufficiente. Dall’altro, la tendenza ad omologare i contenuti e le proposte richiede un processo di conversione ecologica e pastorale per lasciarsi interrogare seriamente dalle periferie geografiche ed esistenziali (cf. EG 20). Questo processo deve continuare durante e dopo il Sinodo come elemento centrale della vita futura della Chiesa. L'Amazzonia chiede a gran voce una risposta concreta e riconciliatrice.
4. L'Instrumentum laboris si compone di tre parti: la prima, il vedere-ascoltare, è intitolata La voce dell'Amazzonia e ha lo scopo di presentare la realtà del territorio e dei suoi popoli. Nella seconda parte, Ecologia integrale: il grido della terra e dei poveri, si raccoglie la problematica ecologica e pastorale, e nella terza parte, Chiesa profetica in Amazzonia: sfide e speranze, la problematica ecclesiologica e pastorale.
5. In questo modo, l'ascolto dei popoli e della terra da parte di una Chiesa chiamata ad essere sempre più sinodale, inizia entrando in contatto con la realtà contrastante di un'Amazzonia piena di vita e di saggezza. Continua con il grido provocato dalla deforestazione e dalla distruzione estrattivista che esige una conversione ecologica integrale. E si conclude con l’incontro con le culture che ispirano nuovi cammini, sfide e speranze di una Chiesa che vuole essere samaritana e profetica attraverso la conversione pastorale. Seguendo la proposta della Rete Ecclesiale Panamazzonica (REPAM), il documento è strutturato sulla base delle tre conversioni a cui Papa Francesco ci invita: la conversione pastorale a cui ci chiama attraverso l'Esortazione Apostolica Evangelii gaudium (vedere-ascoltare); la conversione ecologica attraverso l'Enciclica Laudato si’ che orienta il cammino (giudicare-agire); e la conversione alla sinodalità ecclesiale attraverso la Costituzione Apostolica Episcopalis Communio che struttura il camminare insieme (giudicare-agire). Tutto questo in un processo dinamico di ascolto e discernimento dei nuovi cammini attraverso i quali la Chiesa in Amazzonia annuncerà il Vangelo di Gesù Cristo nei prossimi anni.
PARTE I. LA VOCE DELL’AMAZZONIA
“È bene che adesso siate voi stessi ad autodefinirvi e a mostrarci la vostra identità. Abbiamo bisogno di ascoltarvi” (Fr.PM)
6. L'evangelizzazione in America Latina è stata un dono della Provvidenza che chiama tutti alla salvezza in Cristo. Nonostante la colonizzazione militare, politica e culturale, e al di là dell'avidità e dell'ambizione dei colonizzatori, ci sono stati molti missionari che hanno dato la loro vita per trasmettere il Vangelo. Il senso missionario ha ispirato non solo la formazione di comunità cristiane, ma anche una legislazione come le Leggi delle Indie che proteggevano la dignità degli indigeni contro i soprusi ai loro popoli e territori. Tali abusi hanno causato ferite nelle comunità e offuscato il messaggio della Buona Novella; spesso l'annuncio di Cristo è stato fatto in connivenza con i poteri che sfruttavano le risorse e opprimevano le popolazioni.
7. Oggi la Chiesa ha l'opportunità storica di differenziarsi nettamente dalle nuove potenze colonizzatrici ascoltando i popoli amazzonici per poter esercitare in modo trasparente il suo ruolo profetico. La crisi socio-ambientale apre nuove opportunità per presentare Cristo in tutta la sua potenzialità liberatrice e umanizzante. Questo primo capitolo è strutturato intorno a quattro concetti chiave strettamente correlati: vita, territorio, tempo, dialogo, nei quali si incarna la Chiesa dal volto amazzonico e missionario.
Capitolo I. Vita
“Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv 10,10)
Amazzonia, fonte di vita
8. Questo Sinodo ruota attorno alla vita: la vita del territorio amazzonico e dei suoi popoli, la vita della Chiesa, la vita del pianeta. Come si evince dalle consultazioni con le comunità amazzoniche, la vita in Amazzonia si identifica, tra le altre cose, con l'acqua. Il Rio delle Amazzoni è come un'arteria del continente e del mondo, scorre come vene della flora e della fauna del territorio, come sorgente dei suoi popoli, delle sue culture e delle sue espressioni spirituali. Come nell'Eden (cf. Gen 2,6), l'acqua è fonte di vita, ma anche connessione tra le sue diverse manifestazioni di vita, nella quale tutto è connesso (cf. LS, 16, 91, 117, 138, 240). “Il fiume non ci separa, ci unisce, ci aiuta a vivere insieme tra culture e lingue diverse”.[2]
9. Il bacino del Rio delle Amazzoni e le foreste tropicali che lo circondano nutrono i suoli e regolano, attraverso il riciclo dell'umidità, i cicli dell'acqua, dell'energia e del carbonio a livello planetario. Solo il Rio delle Amazzoni getta ogni anno il 15% di acqua dolce totale del pianeta nell'Oceano Atlantico.[3] Ecco perché l'Amazzonia è essenziale per la distribuzione delle piogge in altre regioni remote del Sud America e contribuisce ai grandi movimenti dell'aria in tutto il pianeta. Nutre anche la natura, la vita e le culture di migliaia di comunità indigene, contadini, afro-discendenti, popolazioni che vivono sulle rive dei fiumi e delle città. Ma va notato che, secondo esperti internazionali, l'Amazzonia è la seconda area più vulnerabile del pianeta, dopo l'Artico, in relazione ai cambiamenti climatici di origine antropica.
10. Il territorio dell'Amazzonia comprende parte di Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname e Guyana francese in un'area di 7,8 milioni di kmq, nel cuore del Sud America. Le foreste amazzoniche coprono circa 5,3 milioni di kmq, che rappresentano il 40% della superficie globale delle foreste tropicali. Questo è solo il 3,6% della superficie delle terre emerse della terra, che occupano circa 149 milioni di chilometri quadrati, ovvero circa il 30% della superficie del nostro pianeta. Il territorio amazzonico contiene una delle biosfere geologicamente più ricche e complesse del pianeta. La sovrabbondanza naturale di acqua, calore e umidità fa sì che gli ecosistemi dell'Amazzonia ospitino dal 10 al 15% circa della biodiversità terrestre ed immagazzinino tra i 150 e i 200 miliardi di tonnellate di carbonio ogni anno.
Vita in abbondanza
11. Gesù offre una vita in abbondanza (cf. Gv 10,10), una vita piena di Dio, vita salvifica (zōē), che inizia nella creazione e si manifesta già nel suo grado più elementare della vita (bios). In Amazzonia, essa si riflette nella sua ricchezza di biodiversità e culture. Ovvero, una vita piena e integra, una vita che canta, un canto alla vita, come il canto dei fiumi. È una vita che danza e che rappresenta la divinità e il nostro rapporto con essa. “Il nostro servizio pastorale”, come hanno affermato i Vescovi ad Aparecida, è un servizio “alla vita piena dei popoli indigeni [che] esige di annunciare Gesù Cristo e la Buona Novella del Regno di Dio, di denunciare le situazioni di peccato, le strutture di morte, la violenza e le ingiustizie interne ed esterne, di favorire il dialogo interculturale, interreligioso ed ecumenico.” (DAp. 95). Alla luce di Gesù Cristo il Vivente (cf. Ap 1,18), pienezza della rivelazione (cf. DV 2), discerniamo tale annuncio e denuncia.
Il “buon vivere”
12. La ricerca della vita in abbondanza da parte dei popoli indigeni amazzonici si concretizza in quello che essi chiamano il “buon vivere”.[4] Si tratta di vivere in “armonia con sé stessi, con la natura, con gli esseri umani e con l'essere supremo, perché esiste un'intercomunicazione tra tutto il cosmo, dove non esiste chi esclude né chi è escluso, e che tra tutti si possa forgiare un progetto di vita piena”.[5]
13. Tale comprensione della vita è caratterizzata dalla connessione e dall'armonia dei rapporti tra l’acqua, il territorio e la natura, la vita comunitaria e la cultura, Dio e le varie forze spirituali. Per loro, “buon vivere” significa comprendere la centralità del carattere relazionale-trascendente degli esseri umani e del creato, e presuppone il “fare bene”. Le dimensioni materiali e spirituali non possono essere separate. Questa modalità integrale si esprime nel proprio modo di organizzarsi, che parte dalla famiglia e dalla comunità e abbraccia un uso responsabile di tutti i beni del creato. Alcuni di loro parlano del camminare verso la "terra senza mali" o alla ricerca della “collina santa”, immagini che riflettono il movimento e la nozione comunitaria dell’esistenza.
Vita minacciata
14. Ma la vita in Amazzonia è minacciata dalla distruzione e dallo sfruttamento ambientale, dalla sistematica violazione dei diritti umani fondamentali della popolazione amazzonica. In particolare, la violazione dei diritti dei popoli originari, come il diritto al territorio, all'autodeterminazione, alla delimitazione dei territori, alla consultazione e al consenso previo. Secondo le comunità che hanno partecipato a questo ascolto sinodale, la minaccia alla vita deriva da interessi economici e politici dei settori dominanti della società odierna, in particolare delle compagnie estrattive, spesso in connivenza, o con la permissività dei governi locali e nazionali e delle autorità tradizionali (degli stessi indigeni). Come afferma Papa Francesco, coloro che perseguono tali interessi sembrano essere disconnessi o indifferenti alle grida dei poveri e della terra (cf. LS 49, 91).
15. Come emerge dalle numerose consultazioni condotte in molte delle regioni amazzoniche, le comunità ritengono che la vita in Amazzonia sia minacciata soprattutto da: a) la criminalizzazione e l’assassinio di leader e difensori del territorio; (b) l’appropriazione e la privatizzazione di beni naturali, come l'acqua stessa; (c) le concessioni a imprese di disboscamento legali e l’ingresso di imprese di disboscamento illegali; (d) caccia e pesca predatorie, soprattutto nei fiumi; (e) megaprogetti: idroelettrici, concessioni forestali, disboscamento per produrre monocolture, strade e ferrovie, progetti minerari e petroliferi; (f) inquinamento provocato dall'intera industria estrattiva che crea problemi e malattie, in particolare ai bambini/e e ai giovani; (g) il narcotraffico; (h) i conseguenti problemi sociali associati a tali minacce come l'alcolismo, la violenza contro la donna, il lavoro sessuale, il traffico di esseri umani, la perdita della loro cultura originaria e della loro identità (lingua, pratiche spirituali e costumi), e l’intera condizione di povertà a cui sono condannati i popoli dell'Amazzonia (cfr. Fr.PM).
16. Attualmente, i cambiamenti climatici e l'aumento degli interventi umani (deforestazione, incendi e cambiamenti nell'uso del suolo) stanno portando l'Amazzonia a un punto di non ritorno, con alti tassi di deforestazione, spostamenti forzati della popolazione e inquinamento, mettendo a rischio i suoi ecosistemi ed esercitando pressione sulle culture locali. Soglie di 4°C di riscaldamento o 40% di deforestazione sono "punti di svolta" del bioma amazzonico verso la desertificazione, il che significa una transizione verso un nuovo stato biologico generalmente irreversibile. Ed è preoccupante trovarsi oggi già tra il 15 e il 20% di deforestazione.
Difendere la vita, combattere lo sfruttamento
17. Le comunità consultate hanno anche sottolineato il legame tra la minaccia alla vita biologica e quella alla vita spirituale, cioè una minaccia integrale. Gli impatti causati dalla distruzione multipla del bacino panamazzonico generano uno squilibrio del territorio locale e globale, nelle stagioni e nel clima. Ciò influenza, tra l'altro, la dinamica della fertilità e della riproduzione della fauna e della flora e, a sua volta, in tutte le comunità amazzoniche. Ad esempio, la distruzione e l'inquinamento naturale incidono sulla produzione, sull'accesso e sulla qualità degli alimenti. E in questo senso, per prendersi cura responsabile della vita e del “buon vivere”, è urgente affrontare tali minacce, aggressioni e indifferenze. La cura della vita si oppone alla cultura dello scarto, della menzogna, dello sfruttamento e dell'oppressione. Allo stesso tempo, implica l’opporsi ad una visione insaziabile di crescita illimitata, di idolatria del denaro, ad un mondo distaccato (dalle sue radici, dal suo ambiente), ad una cultura della morte. In breve, la difesa della vita implica la difesa del territorio, delle sue risorse o beni naturali, ma anche della vita e della cultura dei popoli, il rafforzamento della loro organizzazione, il pieno esercizio dei loro diritti e la possibilità di essere ascoltati. Con le parole degli stessi indigeni: “noi indigeni di Guaviare (Colombia) siamo-facciamo parte della natura perché siamo acqua, aria, terra e vita nell'ambiente creato da Dio. Pertanto, chiediamo che cessino i maltrattamenti e lo sterminio della ‘Madre Terra’. La terra possiede sangue e si sta dissanguando, le multinazionali hanno tagliato le vene della nostra ‘Madre Terra’. Vogliamo che il nostro grido indigeno sia ascoltato da tutto il mondo”.[6]
Grido per la vita
18. Minacce e aggressioni alla vita generano grida, sia dei popoli che della terra. Partendo da queste grida come luogo teologico (da dove pensare la fede), si possono iniziare cammini di conversione, di comunione e di dialogo, cammini dello Spirito, di abbondanza e del “buon vivere”. L'immagine della vita e del “buon vivere” come “cammino alla collina santa” implica una comunione con i co-pellegrini e con la natura nel suo insieme, cioè un cammino di integrazione con l'abbondanza della vita, con la storia e con il futuro. Questi nuovi cammini si rendono necessari perché le grandi distanze geografiche e la mega diversità culturale dell'Amazzonia sono realtà non ancora risolte in ambito pastorale. I nuovi cammini si basano “su relazioni interculturali dove la diversità non significa minaccia, non giustifica gerarchie di potere degli uni sugli altri, ma dialogo a partire da visioni culturali diverse, di celebrazione, di interrelazione e di rinascita della speranza” (DAp. 97).
Capitolo II. Territorio
“Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo” (Es 3,5)
Territorio, vita e rivelazione di Dio
19. In Amazzonia la vita è inserita, collegata e integrata al territorio che, in quanto spazio fisico vitale e in grado di nutrire, è possibilità, sostentamento e limite della vita. Inoltre, possiamo dire che l'Amazzonia - o un altro spazio territoriale indigeno o comunitario - non è solo un ubi (uno spazio geografico), ma anche un quid, cioè un luogo di significato per la fede o l'esperienza di Dio nella storia. Il territorio è un luogo teologico da cui si vive la fede ed è anche una fonte peculiare della rivelazione di Dio. Questi spazi sono luoghi epifanici dove si manifesta la riserva di vita e di saggezza per il pianeta, una vita e una saggezza che parlano di Dio. In Amazzonia si manifestano le “carezze di Dio” che si incarna nella storia (cf. LS 84).
Un territorio dove tutto è connesso
20. Uno sguardo contemplativo, attento e rispettoso sui fratelli e sulle sorelle, ma anche sulla natura - sul fratello albero, sul fratello fiore, sui fratelli uccelli, sui fratelli pesci, fino alle piccole sorelline, come le formiche, le larve, i funghi o gli insetti (cf. LS 233) - permette alle comunità amazzoniche di scoprire come tutto è connesso, di valorizzare ogni creatura, di vedere il mistero della bellezza di Dio che si rivela in tutte loro (cf. LS 84, 88) e di vivere insieme amichevolmente.
21. Nel territorio amazzonico non ci sono parti che possano sussistere da sole e solo esternamente collegate, ma piuttosto dimensioni che esistono costitutivamente in relazione, formando un tutto vitale. Il territorio amazzonico offra quindi un insegnamento vitale per una comprensione integrale dei nostri rapporti con gli altri, con la natura e con Dio, come propone Papa Francesco (cf. LS 66).
La bellezza e la minaccia del territorio
22. Quando contempliamo la bellezza del territorio amazzonico scopriamo il capolavoro della creazione del Dio della Vita. I suoi infiniti orizzonti di illimitata bellezza sono un canto, un inno al Creatore. “Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Sei rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce come di un manto” (Sal 104(3),1-2). La sua espressione molteplice di vita è un mosaico di Dio che ci consegna una “gratuita eredità che riceviamo per proteggere […] lo spazio prezioso della convivenza umana” e la responsabilità condivisa “per il bene di tutti” (DAp. 471). Papa Francesco a Puerto Maldonado ci invita a difendere questa regione minacciata, a preservarla e restaurarla per il bene di tutti, ci dà speranza nelle nostre capacità di costruire il bene comune e la Casa Comune.
23. L'Amazzonia oggi è una bellezza ferita e deformata, un luogo di dolore e violenza, come sottolineano eloquentemente i rapporti delle Chiese locali: “La foresta non è una risorsa da sfruttare, è un essere o più esseri con cui relazionarsi”.[7] “Siamo feriti dalla distruzione della natura, dalla distruzione della foresta, della vita, dei nostri figli e delle generazioni future”.[8] La molteplice distruzione della vita umana e ambientale, le malattie e l'inquinamento di fiumi e terre, l'abbattimento e l'incendio di alberi, la massiccia perdita della biodiversità, la scomparsa delle specie (più di un milione degli otto milioni di animali e piante a rischio)[9], costituiscono una cruda realtà che chiama in causa tutti. La violenza, il caos e la corruzione dilagano. Il territorio è diventato uno spazio di scontri e di sterminio di popoli, culture e generazioni. C'è chi è costretto a lasciare la propria terra; molte volte cade nelle reti delle mafie, del narcotraffico e della tratta di esseri umani (soprattutto donne), del lavoro e della prostituzione minorile[10]. È una realtà tragica e complessa, che si colloca al di fuori della legge e del diritto. Il grido di dolore dell'Amazzonia è un'eco del grido del popolo schiavo in Egitto che Dio non abbandona: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell'Egitto” (Es. 3, 7-8).
Territorio di speranza e del “buon vivere”
24. L'Amazzonia è il luogo della proposta del “buon vivere”, della promessa e della speranza di nuovi cammini di vita. La vita in Amazzonia è integrata e unita al territorio, non c'è separazione o divisione tra le parti. Questa unità comprende tutta l'esistenza: il lavoro, il riposo, le relazioni umane, i riti e le celebrazioni. Tutto è condiviso, gli spazi privati - tipici della modernità - sono minimi. La vita è un cammino comunitario dove i compiti e le responsabilità sono divisi e condivisi in funzione del bene comune. Non c'è posto per l'idea di un individuo distaccato dalla comunità o dal suo territorio.
25. La vita delle comunità amazzoniche non ancora colpite dall'influenza della civiltà occidentale, si riflette nelle credenze e nei riti in merito all’agire degli spiriti, della divinità - chiamata in tantissimi modi - con e nel territorio, con e in relazione alla natura. Questa cosmovisione è raccolta nel ‘mantra’ di Francesco: “tutto è collegato” (LS 16, 91, 117, 138, 240).
26. L'integrazione della creazione, della vita considerata come una totalità che abbraccia tutta l'esistenza, è alla base della cultura tradizionale che si trasmette di generazione in generazione attraverso l'ascolto della saggezza ancestrale, riserva viva della spiritualità e della cultura indigena. Tale saggezza ispira cura e rispetto per la creazione, con una chiara consapevolezza dei suoi limiti, proibendone l'abuso. Abusare della natura significa abusare degli antenati, dei fratelli e delle sorelle, della creazione e del Creatore, ipotecando il futuro.
27. Tanto le cosmovisioni amazzoniche che quella cristiana sono in crisi a causa dell'imposizione del mercantilismo, della secolarizzazione, della cultura dello scarto e dell'idolatria del denaro (cf. EG 54-55). Questa crisi colpisce soprattutto i giovani e i contesti urbani che perdono le solide radici della tradizione.
Capitolo III. Tempo (Kairos)
“Al tempo della benevolenza ti ho risposto; nel giorno della salvezza ti ho aiutato”
(Is 49,8; 2 Cor 6, 2)
Tempo di grazia
28. L'Amazzonia sta vivendo un momento di grazia, un kairos. Il Sinodo dell'Amazzonia è un segno dei tempi in cui lo Spirito Santo apre nuovi cammini che discerniamo attraverso un dialogo reciproco tra tutto il popolo di Dio. Il dialogo è iniziato qualche tempo fa, dai più poveri, dal basso verso l'alto, partendo dal presupposto che “ogni processo di costruzione è lento e difficile. Comprende la sfida di rompere il proprio spazio e aprirsi per lavorare insieme, per vivere la cultura dell'incontro, […] per costruire una chiesa sorella”.[11]
29. I popoli amazzonici originari hanno molto da insegnarci. Riconosciamo che per migliaia di anni si sono presi cura della loro terra, dell'acqua e della foresta, e sono riusciti a preservarli fino ad oggi, affinché l'umanità possa beneficiare della gioia dei doni gratuiti della creazione di Dio. I nuovi cammini di evangelizzazione devono essere costruiti in dialogo con queste sapienze ancestrali in cui si manifestano semi del Verbo.
Tempo di inculturazione e interculturalità
30. La Chiesa dell'Amazzonia ha segnato con significative esperienze la sua presenza in maniera originale, creativa e inculturata. Il suo programma di evangelizzazione non corrisponde ad una mera strategia di fronte ai richiami della realtà; è l'espressione di un cammino che risponde al kairos che spinge il popolo di Dio ad accogliere il suo Regno in queste bio-socio-diversità. La Chiesa si è fatta carne montando la sua tenda - il suo “tapiri” – in Amazzonia.[12] Si conferma così un cammino che è cominciato con il Concilio Vaticano II per tutta la Chiesa, ha trovato il suo riconoscimento nel Magistero latinoamericano a partire da Medellín (1968) e si è concretizzato per l'Amazzonia a Santarém (1972).[13] Da allora la Chiesa continua a cercare di inculturare la Buona Novella dinanzi alle sfide del territorio e dei suoi popoli in un dialogo interculturale. La diversità originale offerta dalla regione amazzonica - biologica, religiosa e culturale - evoca una nuova Pentecoste.
Tempo di sfide serie e urgenti
31. Tanto l'accelerato fenomeno dell'urbanizzazione che l'espansione della frontiera agricola da parte delle aziende agricole e persino l'abuso di beni naturali da parte degli stessi popoli amazzonici si aggiungono ai gravi mali già citati. Lo sfruttamento della natura e dei popoli amazzonici (indigeni, meticci, lavoratori della gomma, coloro che vivono sulle rive dei fiumi e persino quelli che vivono nelle città) provoca una crisi di speranza.
32. I processi migratori degli ultimi anni hanno anche accentuato i cambiamenti religiosi e culturali della regione. Di fronte ai rapidi processi di trasformazione, la Chiesa ha cessato di essere l'unico punto di riferimento nel processo decisionale. Inoltre, la nuova vita in città non sempre rende possibili i sogni e le aspirazioni, ma spesso disorienta e apre spazi a messianismi transitori, disconnessi, alienanti e senza senso.
Tempo di speranza
33. In contrasto con questa realtà, il Sinodo dell'Amazzonia diventa così un segno di speranza per il popolo amazzonico e per tutta l'umanità. È una grande opportunità per la Chiesa di scoprire la presenza incarnata e attiva di Dio: nelle più diverse manifestazioni della creazione; nella spiritualità dei popoli originari; nelle espressioni della religiosità popolare; nelle diverse organizzazioni popolari che resistono ai grandi progetti; nella proposta di un'economia produttiva, sostenibile e solidale che rispetti la natura. Negli ultimi anni la missione della Chiesa si è svolta in alleanza con le aspirazioni e le lotte per la vita e il rispetto per la natura dei popoli amazzonici e delle loro stesse organizzazioni.
34. Attraverso la forza dello Spirito Santo, la Chiesa, identificata con questa storia di croce e di risurrezione, vuole imparare, dialogare e rispondere con speranza e gioia ai segni dei tempi insieme ai popoli dell'Amazzonia. Ci auguriamo che tale apprendimento, dialogo e corresponsabilità possano essere estesi anche a tutti gli angoli del pianeta che aspirano alla pienezza integrale della vita in tutti i sensi. Crediamo che questo kairos dell'Amazzonia, come tempo di Dio, convochi e provochi, sia un tempo di grazia e liberazione, di memoria e di conversione, di sfide e di speranza.
Capitolo IV. Dialogo
“Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?” (Mc 8, 18)
Nuovi cammini di dialogo
35. Papa Francesco pone la necessità di un nuovo sguardo che apra cammini di dialogo che ci aiutino ad uscire dal cammino verso l’autodistruzione dell'attuale crisi socio-ambientale[14]. Riferendosi all’Amazzonia, il Papa considera imprescindibile realizzare “un dialogo interculturale in cui [i popoli indigeni siano] «i principali interlocutori, soprattutto nel momento in cui si procede con grandi progetti che interessano i [loro] spazi». Il riconoscimento e il dialogo saranno la via migliore per trasformare le antiche relazioni segnate dall’esclusione e dalla discriminazione” (Fr.PM). Questo dialogo locale in cui la Chiesa vuole essere coinvolta è al servizio della vita e del “futuro del pianeta” (LS 14).
Dialogo e missione
36. Essendo l'Amazzonia un mondo plurietnico, pluriculturale e plurireligioso (cf. DAp. 86), la comunicazione, e quindi l'evangelizzazione, richiede incontri e convivenze che favoriscano il dialogo. L'opposto del dialogo è la mancanza di ascolto e l'imposizione che ci impedisce di incontrarci, di comunicare e, quindi, di vivere insieme. Gesù era un uomo di dialogo e di incontro. Così lo vediamo “con la Samaritana, presso il pozzo, dove lei cercava di saziare la sua sete (cfr Gv 4,7-26)” (EG 72); “non appena terminato il suo dialogo con Gesù”, la samaritana tornò al suo villaggio, “divenne missionaria, e molti samaritani credettero in Gesù «per la parola della donna» (Gv 4,39)” (EG 120). Seppe dialogare e amare al di là della particolarità della sua eredità religiosa samaritana. L'evangelizzazione si realizza così nella vita ordinaria di Samaria, in Amazzonia, in tutto il mondo. Il dialogo è una comunicazione gioiosa “tra coloro che si vogliono bene” (EG 142).
37. Fin dalla sua incarnazione, l'incontro con Gesù Cristo si è sempre svolto nell'orizzonte di un dialogo cordiale, storico ed escatologico. Ciò avviene nei diversi scenari del mondo pluralista e intrecciato dell'Amazzonia. Comprende le relazioni politiche con gli Stati, le relazioni sociali con le comunità, le relazioni culturali con i diversi modi di vivere e le relazioni ecologiche con la natura e con sé stessi. Il dialogo cerca lo scambio, il consenso e la comunicazione, gli accordi e le alleanze, ma senza perdere la questione fondamentale, cioè, la “preoccupazione per una società giusta, capace di memoria e senza esclusioni” (EG 239). Per questo motivo, il dialogo ha sempre un'opzione preferenziale per i poveri, gli emarginati e gli esclusi. Le cause della giustizia e dell'alterità sono cause del Regno di Dio. Non difendiamo "un progetto di pochi indirizzato a pochi, o di una minoranza illuminata" (EG 239). Nel dialogo si intrecciano "un accordo per vivere insieme, un patto sociale e culturale" (EG 239). Per questo patto, l'Amazzonia rappresenta una pars pro toto, un paradigma, una speranza per il mondo. Il dialogo è il metodo che va sempre applicato per ottenere una buona vita per tutti. Le grandi questioni dell'umanità che emergono in Amazzonia non troveranno soluzioni attraverso la violenza o l’imposizione, ma attraverso il dialogo e la comunicazione.
Dialogo con i popoli amazzonici
38. Sono i popoli dell'Amazzonia, soprattutto i poveri e i culturalmente diversi, i principali interlocutori e protagonisti del dialogo. Ci mettono di fronte alla memoria del passato e alle ferite provocate durante lunghi periodi di colonizzazione. Per questo Papa Francesco ha chiesto “umilmente perdono, non solo per le offese della propria Chiesa, ma per i crimini contro le popolazioni indigene durante la cosiddetta conquista dell’America”.[15] In questo passato la Chiesa è stata a volte complice dei colonizzatori e ciò ha soffocato la voce profetica del Vangelo. Molti degli ostacoli ad un'evangelizzazione dialogica e aperta all'alterità culturale sono di carattere storico e si nascondono dietro alcune dottrine pietrificate. Il dialogo è un processo di apprendimento, facilitato dall'"apertura alla trascendenza" (EG 205) e ostacolato dalle ideologie.
Dialogo e apprendimento
39. Molti popoli amazzonici sono costituzionalmente dialogici e comunicativi. C'è un ampio e necessario campo di dialogo tra le spiritualità, i credo e le religioni amazzoniche che richiede un avvicinamento amichevole alle diverse culture. Il rispetto per questo spazio non significa relativizzare le proprie convinzioni, ma riconoscere altre vie che cercano di svelare l'inesauribile mistero di Dio. L'apertura non sincera all'altro, così come un atteggiamento corporativo che riserva la salvezza esclusivamente al proprio credo, sono distruttivi di quello stesso credo. Questo è quanto Gesù ha spiegato al Dottore della Legge nella parabola del Buon Samaritano (cf. Lc 10,30-37). L'amore vissuto in ogni religione piace a Dio. “Attraverso uno scambio di doni, lo Spirito può condurci sempre di più alla verità e al bene” (EG 246).
40. Un dialogo a favore della vita è al servizio del “futuro del pianeta” (LS 14), della trasformazione di mentalità ristrette, della conversione di cuori induriti e della condivisione di verità con tutta l'umanità. Potremmo dire che il dialogo è pentecostale, così come la nascita della Chiesa, che cammina alla ricerca della sua identità verso l'unità nello Spirito Santo. Scopriamo la nostra identità a partire dall'incontro con l'altro, dalle differenze e dalle coincidenze che ci mostrano l'incomprensibilità della realtà e del mistero della presenza di Dio.
Dialogo e resistenza
41. La disponibilità a dialogare incontra spesso resistenze. Gli interessi economici e un paradigma tecnocratico respingono ogni tentativo di cambiamento. I suoi sostenitori sono disposti ad imporsi con la forza, trasgredendo i diritti fondamentali delle popolazioni presenti nel territorio e le norme per la sostenibilità e la conservazione dell'Amazzonia. In questi casi le possibilità di dialogo e di incontro sono molto ridotte fino a scomparire in alcune situazioni. Come reagire di fronte a questo? Da un lato, sarà necessario indignarsi, non in modo violento, ma fermo e profetico. È l'indignazione di Gesù contro i farisei (cf. Mc 3,5; Mt 23) o contro lo stesso Pietro (cf. Mt 16, 23), quella che Tommaso d'Aquino chiamava “santa indignazione”, provocata dalle ingiustizie[16] o associata a promesse non mantenute o a tradimenti di ogni genere. Un passo successivo è quello di cercare accordi come suggerisce Gesù stesso (cf. Lc 14,31-32). Si tratta di stabilire un possibile dialogo e di non rimanere mai indifferenti di fronte alle ingiustizie della regione o del mondo.[17]
42. Una Chiesa profetica è quella che ascolta le grida e i canti di dolore e di gioia. Il canto rivela le situazioni dei popoli, allo stesso tempo che ispira, e intuisce possibili soluzioni e trasformazioni. Ci sono popoli che cantano la loro storia e anche il loro presente, affinché chiunque ascolti questo canto possa intravedere, delineare il proprio futuro. In breve, una Chiesa profetica in Amazzonia è una Chiesa che dialoga, che sa cercare accordi e che, da un’opzione per i poveri e dalla loro testimonianza di vita, cerca proposte concrete a favore di un'ecologia integrale. Una Chiesa con capacità di discernimento e audacia di fronte ai soprusi contro i popoli e alla distruzione dei loro territori, che risponda senza indugio al grido della terra e dei poveri.
Conclusione
43. La vita in Amazzonia, intessuta di acqua, territorio, ed identità e spiritualità dei suoi popoli, invita al dialogo e all’apprendimento della sua diversità biologica e culturale. La Chiesa partecipa e genera processi di apprendimento che aprono cammini per una formazione permanente sul senso della vita integrata al suo territorio e arricchita da saggezze ed esperienze ancestrali. Tali processi invitano a rispondere con onestà e stile profetico al grido per la vita dei popoli e della terra amazzonica. Ciò implica un rinnovato senso della missione della Chiesa in Amazzonia che, a partire dall'incontro con Cristo, va incontro all’altro iniziando processi di conversione. In questo contesto, si aprono nuovi spazi per ricreare ministeri adeguati a questo momento storico. È il momento di ascoltare la voce dell'Amazzonia e di rispondere come Chiesa profetica e samaritana.
PARTE II. ECOLOGIA INTEGRALE: IL GRIDO DELLA TERRA E DEI POVERI
“Propongo di soffermarci adesso a riflettere sui diversi elementi di una ecologia integrale… ambientale, economica e sociale” (LS, 137-138)
44. La seconda parte tratta i gravi problemi causati dagli attentati alla vita nel territorio amazzonico. L'aggressione a quest'area vitale della ‘Madre Terra’ e ai suoi abitanti minaccia la loro sussistenza, la loro cultura e la loro spiritualità. Colpisce anche la vita di tutta l'umanità, in particolare dei poveri, degli esclusi, degli emarginati, dei perseguitati. La situazione attuale richiede con urgenza una conversione ecologica integrale.
Capitolo I. Distruzione estrattivista
“Oggi il peccato si manifesta con tutta la sua forza di distruzione nelle […] diverse forme di violenza e maltrattamento, nell’abbandono dei più fragili, negli attacchi contro la natura”
(LS 66)
Il grido amazzonico
45. “Probabilmente i popoli originari dell'Amazzonia non sono mai stati tanto minacciati nei loro territori come lo sono ora” (Fr.PM). I progetti estrattivi, agricoli o di allevamento che sfruttano sconsideratamente la terra stanno distruggendo questo territorio (cf. LS 4, 146), che corre il rischio di “savanizzazione”.[18] L'Amazzonia è oggetto di contesa su più fronti. Uno risponde ai grandi interessi economici, avidi di petrolio, gas, legno, oro, monocolture agro-industriali, ecc. Un altro è quello di un conservatorismo ecologico che si preoccupa del bioma ma ignora i popoli amazzonici. Entrambi producono ferite alla terra e alle sue popolazioni: “Siamo colpiti da commercianti di legname, allevatori di bestiame e altre parti terze. Minacciati da attori economici che implementano un modello estraneo ai nostri territori. Le imprese forestali entrano nel territorio per sfruttare la foresta, noi abbiamo cura della foresta per i nostri figli, abbiamo carne, pesce, farmaci vegetali, alberi da frutto […]. La costruzione di impianti idroelettrici e il progetto dei corsi d'acqua ha un impatto sul fiume e sui territori […]. Siamo una regione di territori rubati.”[19]
46. Secondo le consultazioni effettuate, le grida amazzoniche riflettono tre grandi cause di dolore: (a) la mancanza di riconoscimento, demarcazione e titolarità dei territori degli indigeni, che sono parte integrante della loro vita; (b) l'invasione dei grandi progetti chiamati di “sviluppo”, ma che in realtà distruggono territori e popoli (es. impianti idroelettrici, estrazione mineraria - legale e illegale - associata ai garimpeiros illegali [minatori informali che estraggono oro], idrovie - che minacciano i principali affluenti del Rio delle Amazzoni -, attività idrocarbonifere, attività zootecniche, deforestazione, monocoltura, agroindustria e grilagem [appropriazione indebita di terre avvalendosi di documentazione falsa]. Molti di questi progetti distruttivi in nome del progresso sono sostenuti da governi locali, nazionali e stranieri; e (c) l'inquinamento dei fiumi, dell'aria, dei suoli, delle foreste e il deterioramento della qualità della vita, delle culture e delle spiritualità. Ecco perché “oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” (LS 49). Questo è ciò che Papa Francesco chiama ecologia integrale.
Ecologia integrale
47. L'ecologia integrale si basa sul riconoscimento della relazionalità come categoria umana fondamentale. Ciò significa che ci sviluppiamo come esseri umani sulla base dei nostri rapporti con noi stessi, con gli altri, con la società in generale, con la natura/ambiente e con Dio. Questa integralità vincolante è stata sistematicamente sottolineata durante le consultazioni con le comunità amazzoniche.
48. L’enciclica Laudato Si’ (nn. 137-142), introduce questo paradigma relazionale dell'ecologia integrale come articolazione fondamentale dei legami che rendono possibile un vero sviluppo umano. Gli esseri umani fanno parte di ecosistemi che facilitano le relazioni che donano vita al nostro pianeta, per cui la cura di tali ecosistemi è essenziale. Ed è fondamentale sia per promuovere la dignità della persona umana e il bene comune della società, sia per la tutela dell'ambiente. La nozione di ecologia integrale è stata illuminante per i diversi punti di vista che affrontano la complessità dell'interazione tra l'aspetto ambientale e quello umano, tra la gestione dei beni della creazione e le proposte di sviluppo e di evangelizzazione.
Ecologia integrale in Amazzonia
49. Per prendersi cura dell'Amazzonia, le comunità aborigene sono interlocutori indispensabili, poiché sono proprio loro che normalmente si prendono meglio cura dei propri territori (cfr. LS 149). Per questo, all'inizio del processo sinodale, Papa Francesco, nella sua prima visita nelle terre amazzoniche, si è rivolto ai leader indigeni locali dicendo: “ho voluto venire a visitarvi e ascoltarvi, per stare insieme nel cuore della Chiesa, unirci alle vostre sfide e con voi riaffermare un’opzione sincera per la difesa della vita, per la difesa della terra e per la difesa delle culture” (Fr.PM). Le comunità amazzoniche condividono questa prospettiva di integralità ecologica: “Tutta l'attività della Chiesa in Amazzonia deve partire dall'integralità dell'essere umano (vita, territorio e cultura)”.[20]
50. Tuttavia, per promuovere un'ecologia integrale nella vita quotidiana dell'Amazzonia, è anche necessario comprendere la nozione di giustizia e di comunicazione intergenerazionale, che include la trasmissione dell'esperienza ancestrale, delle cosmologie, delle spiritualità e delle teologie dei popoli indigeni, attorno alla cura della Casa Comune.[21] “Nella lotta dobbiamo confidare nella forza di Dio, perché la creazione è di Dio, perché Dio continua l'opera. La lotta dei nostri antenati per combattere per questi fiumi, per i nostri territori, per lottare per un mondo migliore per i nostri figli”.[22]
No alla distruzione dell’Amazzonia
51. In particolare, il grido amazzonico ci parla di lotte contro coloro che vogliono distruggere la vita concepita integralmente. Questi ultimi sono guidati da un modello economico legato alla produzione, alla commercializzazione e al consumo, dove la massimizzazione del profitto è prioritaria rispetto alle necessità umane e ambientali. In altre parole, sono lotte contro coloro che non rispettano i diritti umani e della natura in Amazzonia.
52. Un altro attacco ai diritti umani è la criminalizzazione delle proteste contro la distruzione del territorio e delle sue comunità, poiché alcune leggi della regione le definiscono “illegali”.[23] Un altro abuso è il diffuso rifiuto degli Stati a rispettare il diritto alla consultazione e al consenso previo dei gruppi indigeni e locali prima di stabilire concessioni e contratti di sfruttamento territoriale, anche se tale diritto è esplicitamente riconosciuto dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro (“I popoli interessati devono avere il diritto di decidere le proprie priorità in ciò che riguarda il processo di sviluppo, nella misura in cui esso incida sulla loro vita, sulle loro credenze, le loro istituzioni ed il loro benessere spirituale e sulle terre che essi occupano od in altro modo utilizzano, ed esercitare per quanto possibile un controllo sul proprio sviluppo economico, sociale e culturale”,[24]) e da alcune costituzioni dei paesi amazzonici.
53. Il dramma degli abitanti dell'Amazzonia si manifesta non solo nella perdita delle loro terre per lo spostamento forzato, ma anche nell'essere vittime della seduzione del denaro, delle tangenti e della corruzione da parte di agenti del paradigma tecno-economico della “cultura dello scarto” (cf. LS 22), soprattutto tra i giovani. La vita è legata e integrata al territorio; quindi, la difesa della vita è la difesa del territorio, non c'è separazione tra i due aspetti. Questa è la richiesta che si ripete in ciò che abbiamo ascoltato: “ci stanno togliendo la nostra terra, dove andremo?” Perché togliere questo diritto è restare senza possibilità di difendersi di fronte a coloro che minacciano la loro sussistenza.
54. L'abbattimento massivo degli alberi, la distruzione della foresta tropicale per mezzo di incendi boschivi intenzionali, l'espansione della frontiera agricola e delle monocolture sono la causa degli attuali squilibri climatici regionali, con evidenti effetti sul clima globale, di dimensioni planetarie quali le grandi siccità e inondazioni sempre più frequenti. Papa Francesco cita i bacini dell'Amazzonia e del Congo come il ‘polmone del pianeta’, sottolineando l'urgenza di proteggerli (cf. LS 38).
55. Nel libro della Genesi la creazione è presentata come manifestazione di vita, sostentamento, possibilità e limite. Nel primo racconto (cf. Gen 1,1-2,4a) l'essere umano è invitato a relazionarsi con la creazione allo stesso modo di Dio. Il secondo racconto (cf. Gen 2,4b-25) approfondisce questa prospettiva con il mandato di “coltivare” (in ebraico significa anche “servire”) e “conservare” (atteggiamento di protezione e amore) il giardino (Gen 2,15). “Ciò implica una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura” (LS 67) che presuppone di assumere il limite che è proprio della creaturalità e quindi un atteggiamento di umiltà, dal momento che non siamo padroni assoluti (cf. Gen 3,3).
Suggerimenti
56. La sfida che si presenta è grande: come recuperare il territorio amazzonico, salvarlo dal degrado neocolonialista e restituirgli il suo benessere sano e autentico? Dobbiamo alle comunità aborigene la cura e la coltivazione dell'Amazzonia da migliaia di anni. Nella loro saggezza ancestrale hanno coltivato la convinzione che tutta la creazione è connessa, che merita il nostro rispetto e la nostra responsabilità. La cultura amazzonica, che integra gli esseri umani alla natura, diventa un punto di riferimento per la costruzione di un nuovo paradigma di ecologia integrale. La Chiesa dovrebbe assumere nella sua missione la cura della Casa Comune:
a) Proponendo linee d'azione istituzionali che promuovano il rispetto per l'ambiente.
b) Progettando programmi di formazione formali e informali sulla cura della Casa Comune per i suoi agenti pastorali e i suoi fedeli, aperti a tutta la comunità in “uno sforzo di formazione delle coscienze” (LS 214) sulla base dei capitoli V e VI dell'Enciclica Laudato si’.
c) Denunciando la violazione dei diritti umani e la distruzione estrattivista.
Capitolo II. Popoli Indigeni in Isolamento Volontario (PIAV): minacce e protezione
“Sto pensando ai […] Popoli Indigeni in Isolamento Volontario (PIAV).
Sappiamo che sono i più vulnerabili tra i vulnerabili” (Fr.PM)
Popoli nelle periferie
57. Secondo i dati di istituzioni ecclesiastiche specializzate (es. CIMI) ed altre, nel territorio amazzonico ci sono tra 110 e 130 diversi Popoli Indigeni in Isolamento Volontario o “popoli liberi”. Loro vivono ai margini della società o in contatto sporadico con essa. Non conosciamo i loro nomi, le loro lingue o culture. Per questo li chiamiamo anche “popoli isolati”, “liberi”, “autonomi” o “popoli senza contatto”. Questi popoli vivono in un profondo legame con la natura. Molti di loro hanno scelto di isolarsi perché hanno subito traumi precedenti; altri sono stati costretti violentemente a causa dello sfruttamento economico dell'Amazzonia. I PIAV resistono all'attuale modello di sviluppo economico predatore, genocida ed ecocida, scegliendo la cattività per vivere in libertà (cf. Fr.PM).
58. Alcuni “popoli isolati” vivono in terre esclusivamente indigene, altri in terre indigene condivise con i “popoli contattati”, altri in aree protette e alcuni in territori di confine.
Popoli vulnerabili
59. I PIAV sono vulnerabili alle minacce provenienti dai settori agroindustriali e da quelli che sfruttano clandestinamente minerali, legname e altre risorse naturali. Sono anche vittime del narcotraffico, di mega progetti infrastrutturali come gli impianti idroelettrici e le autostrade internazionali e di attività illegali legate al modello di sviluppo estrattivista.
60. Il rischio di violenza contro le donne di questi popoli è aumentato per la presenza di coloni, commercianti di legname, soldati, dipendenti delle compagnie estrattive, tutti per lo più uomini. In alcune regioni dell'Amazzonia, il 90% degli indigeni uccisi nelle popolazioni isolate sono state donne. Tale violenza e discriminazione ha un grave impatto sulla capacità di questi popoli indigeni di sopravvivere, tanto fisicamente e spiritualmente quanto culturalmente.
61. A ciò si aggiunge il mancato riconoscimento dei diritti territoriali degli indigeni e dei PIAV. La criminalizzazione delle proteste dei loro sostenitori e il taglio del budget per la protezione delle loro terre facilitano enormemente l'invasione dei loro territori con la conseguente minaccia alle loro vulnerabili vite.
Suggerimenti
62. Di fronte a questa drammatica situazione e di fronte a simili grida della terra e dei poveri (cf. LS 49), sarebbe opportuno:
a) Richiedere ai rispettivi governi di garantire le risorse necessarie per l'effettiva protezione dei popoli indigeni isolati. I governi dovrebbero attuare tutte le misure necessarie per proteggere la loro integrità fisica e quella dei loro territori, sulla base del principio di precauzione, o altri meccanismi di protezione in conformità con il diritto internazionale, come le Raccomandazioni specifiche definite dalla CIDH (La Commissione Interamericana dei Diritti Umani /OEA) e contenute nell'ultimo capitolo del Rapporto "Popoli indigeni in isolamento e in contatto iniziale nelle Americhe” (2013). È inoltre necessario garantire loro la libertà di uscire dall'isolamento se lo desiderano.
b) Esigere la protezione delle aree/riserve naturali in cui si trovano, in particolare per quanto riguarda la loro delimitazione/titolarità, al fine di prevenire l'invasione dei luoghi in cui vivono.
c) Promuovere l'aggiornamento del censimento e della mappatura dei territori in cui questi popoli vivono.
d) Formare gruppi specifici nelle diocesi e nelle parrocchie e pianificare una pastorale comune nelle regioni di confine, essendoci popoli che si spostano.
e) Informare i popoli indigeni sui loro diritti e la cittadinanza sulla sua situazione.
Capitolo III. Migrazione
“Mio padre era un arameo errante…” (Dt 26,5)
Popoli amazzonici in uscita
63. In Amazzonia, il fenomeno migratorio alla ricerca di una vita migliore è stato una costante storica. Esiste la migrazione pendolare (vanno e vengono),[25] lo spostamento forzato all'interno del paese stesso e all'estero, la migrazione volontaria dalle zone rurali verso le città e la migrazione internazionale. Questa transumanza[26] amazzonica non è stata ben compresa né sufficientemente analizzata dal punto di vista pastorale. Papa Francesco, a Puerto Maldonado, ha fatto riferimento a questa realtà: “Diverse persone sono emigrate verso l’Amazzonia cercando un tetto, una terra e un lavoro. Sono venute a cercare un futuro migliore per sé stesse e per le loro famiglie. Hanno abbandonato la loro vita umile, povera ma dignitosa. Molte di loro, con la promessa che certi lavori avrebbero messo fine a situazioni precarie, si sono basate sul luccichio promettente dell’estrazione dell’oro. Però non dimentichiamo che l’oro può diventare un falso dio che pretende sacrifici umani”.[27]
Cause della migrazione
64. L'Amazzonia è tra le regioni con la maggiore mobilità interna e internazionale in America Latina. Ci sono cause socio-politiche, climatiche, di persecuzione etnica ed economiche. Queste ultime sono indotte per lo più da progetti politici, grandi opere e imprese estrattive, che attraggono lavoratori ma allo stesso tempo allontanano gli abitanti dei territori interessati. L'aggressione all'ambiente in nome dello “sviluppo”[28] ha drammaticamente peggiorato la qualità della vita delle popolazioni amazzoniche, sia urbane che rurali, a causa della contaminazione e della perdita di fertilità del territorio.
65. A causa di ciò, la regione è diventata ‘di fatto’ un corridoio migratorio. Tali migrazioni avvengono tra paesi amazzonici (come l'ondata crescente di migrazione dal Venezuela) o verso altre regioni (es. verso il Cile e l'Argentina).[29]
Conseguenze della migrazione
66. Il movimento migratorio, trascurato tanto politicamente quanto pastoralmente, ha contribuito alla destabilizzazione sociale delle comunità amazzoniche. Le città della regione, che ricevono in modo permanente un gran numero di persone che migrano verso di loro, non sono in grado di fornire i servizi essenziali di cui i migranti hanno bisogno. Questo ha portato molte persone a vagare e a dormire nei centri urbani senza lavoro, senza cibo, senza riparo. Tra questi molti appartengono a popoli indigeni costretti ad abbandonare le loro terre. “Le città sembrano essere una terra senza padrone. Sono la destinazione cui si dirige la gente dopo essere stata cacciata dai suoi territori. La città deve essere interpretata come questo modello di sfruttamento che svuota i territori per appropriarsene, sposta le popolazioni e le espelle verso la città”.[30]
67. Questo fenomeno destabilizza, tra l'altro, le famiglie quando uno dei genitori parte in cerca di lavoro in luoghi lontani, lasciando i figli e i giovani a crescere senza la figura paterna e/o materna. Anche i giovani si spostano in cerca di occupazione o sottoccupazione per aiutare a mantenere ciò che resta della famiglia, abbandonando gli studi primari, sottoponendosi a ogni tipo di abuso e sfruttamento. In molte regioni dell'Amazzonia, questi giovani sono vittime del traffico di droga, della tratta di esseri umani o della prostituzione (maschile e femminile).[31]
68. L'omissione da parte dei governi dell’attuazione di politiche pubbliche di qualità per le zone interne, soprattutto nel campo dell'istruzione e della salute, permette a questo processo di mobilità di aumentare ogni giorno di più. Anche se la Chiesa ha accompagnato questo flusso migratorio, ha lasciato all'interno dell'Amazzonia delle lacune pastorali che devono essere colmate.
Suggerimenti
69. Cosa si aspettano i migranti dalla Chiesa? Come aiutarli nel modo più efficace? Come possiamo promuovere l'integrazione tra i migranti e la comunità locale?
a) Occorre comprendere meglio i meccanismi che hanno portato ad una crescita sproporzionata dei centri urbani e allo svuotamento delle zone interne, perché entrambe le dinamiche fanno parte dello stesso sistema (tutto è connesso). Tutto questo richiederà la preparazione della testa e del cuore degli agenti pastorali per affrontare questa situazione critica.
b) È necessario lavorare in équipe, coltivando una mistica missionaria, coordinati da persone con competenze diverse e complementari in vista di un'azione efficace. Il problema della migrazione deve essere affrontato in modo coordinato, soprattutto dalle chiese di frontiera.
c) Articolare in ogni comunità urbana un servizio di accoglienza che sia attento a chi arriva inaspettatamente con necessità urgenti e sia in grado di offrire protezione di fronte al pericolo delle organizzazioni criminali.
d) Promuovere progetti agrofamiliari nelle comunità rurali.
e) Come comunità ecclesiale, fare pressione sulle autorità pubbliche perché rispondano ai bisogni e ai diritti dei migranti.
f) Promuovere l'integrazione tra migranti e comunità locali nel rispetto della propria identità culturale, come indica Papa Francesco: "L'integrazione, che non è né assimilazione né incorporazione, è un processo bidirezionale, che si fonda essenzialmente sul mutuo riconoscimento della ricchezza culturale dell'altro: non è appiattimento di una cultura sull'altra, e nemmeno isolamento reciproco, con il rischio di nefaste quanto pericolose ‘ghettizzazioni’".[32]
Capitolo IV. Urbanizzazione
“La città produce una sorta di permanente ambivalenza, perché, mentre offre ai suoi cittadini infinite possibilità, appaiono anche numerose difficoltà per il pieno sviluppo della vita di molti” (EG 74)
Urbanizzazione dell’Amazzonia
70. Nonostante oggi si parli dell'Amazzonia come il polmone del pianeta (cfr. LS 38) e il granaio del mondo, la devastazione della regione e la povertà hanno causato un grande spostamento della popolazione in cerca di una vita migliore. Il risultato di questo “esodo alla ricerca della terra promessa” è la crescita del fenomeno di urbanizzazione nella regione[33] che rende la città una realtà ambivalente. La Bibbia ci mostra questa ambiguità quando presenta Caino come il fondatore delle città dopo il peccato (cf. Gen 4,17), ma anche quando presenta l'umanità sulla via del compimento della promessa della Gerusalemme celeste, dimora di Dio con gli uomini (cf. Ap. 21,3).
71. Secondo le statistiche, la popolazione urbana dell'Amazzonia è aumentata in modo esponenziale; attualmente tra il 70 e l'80% della popolazione risiede nelle città.[34] Molte di esse non dispongono delle infrastrutture e delle risorse pubbliche necessarie per soddisfare le necessità della vita urbana. Mentre il numero di città aumenta, il numero di abitanti delle popolazioni rurali diminuisce.
Cultura urbana
72. Tuttavia, la questione dell'urbanizzazione comprende non solo lo spostamento spaziale e la crescita delle città, ma anche la trasmissione di uno stile di vita modellato dalla metropoli. Tale modello si estende al mondo rurale, cambiando abitudini, costumi e stili di vita tradizionali. La cultura, la religione, la famiglia, l'educazione dei bambini e dei giovani, l'occupazione e altri aspetti della vita cambiano rapidamente per rispondere alle nuove richieste della città.
Sfide urbane
73. Il progetto di introdurre l'Amazzonia nel mercato globalizzato ha prodotto maggiore esclusione, così come anche un'urbanizzazione della povertà. Secondo le risposte al questionario del Documento Preparatorio, i principali problemi sorti con l'urbanizzazione sono i seguenti:
a) Aumento della violenza in tutti i sensi.
b) Abuso e sfruttamento sessuale, prostituzione, tratta di esseri umani, in particolare delle donne.
c) Traffico e consumo di droghe.
d) Traffico di armi.
e) Mobilità umana e crisi di identità.
f) Dissoluzione della famiglia.[35]
g) Conflitti culturali e mancanza di significato della vita.
h) Inefficienza dei servizi sanitari/igienici.[36]
i) Mancanza di qualità dell'istruzione e abbandono scolastico.[37]
j) Mancanza di risposta da parte delle autorità pubbliche in materia di infrastrutture e promozione dell'occupazione.
k) Mancanza di rispetto per il diritto all'autodeterminazione e all'autonomia delle popolazioni.
l) Corruzione amministrativa.[38]
Suggerimenti
74. Si suggerisce:
a. Promuovere un ambiente urbano dove siano rilanciati gli spazi pubblici, con piazze e centri culturali ben distribuiti.
b. Promuovere l'accesso universale all'istruzione e alla cultura.
c. Promuovere una coscienza ambientale e il riciclaggio dei rifiuti, evitandone l’incenerimento.
d. Promuovere un sistema di igiene ambientale e di accesso universale ai servizi sanitari.
e. Discernere come aiutare ad apprezzare meglio la vita rurale, favorendo alternative di sopravvivenza come l'agricoltura familiare.
f. Generare spazi di interazione tra la saggezza dei popoli indigeni, che vivono lungo i fiumi, e dei quilombolas, inseriti in città, e la saggezza della popolazione urbana, per raggiungere un dialogo e un'integrazione in merito alla cura della vita.
Capitolo V. Famiglia e comunità
“Gesù stesso nasce in una famiglia modesta, che ben presto deve fuggire in una terra straniera” (AL 21)
Le famiglie amazzoniche
75. Nelle famiglie pulsa l’esperienza cosmica. Si tratta di diverse conoscenze e di pratiche millenarie in svariati campi come l'agricoltura, la medicina, la caccia e la pesca, in armonia con Dio, la natura e la comunità. Nella famiglia si trasmettono anche valori culturali come l'amore per la terra, la reciprocità, la solidarietà, il vivere nel presente, il senso della famiglia, la semplicità, il lavoro comunitario, l’organizzazione interna, la medicina e l'educazione ancestrale. Inoltre, la cultura orale (storie, credenze e canti), con i suoi colori, abiti, cibo, lingue e riti fa parte di questa eredità che si trasmette in famiglia. Insomma, è nella famiglia che si impara a vivere in armonia: tra i popoli, tra le generazioni, con la natura, in dialogo con gli spiriti.[39]
Cambiamenti sociali e vulnerabilità familiare
76. La famiglia amazzonica è stata vittima del colonialismo nel passato e di un neocolonialismo nel presente. L'imposizione di un modello culturale occidentale ha inculcato un certo disprezzo per il popolo e i costumi del territorio amazzonico, definendoli addirittura “selvaggi” o “primitivi”. Oggi, l'imposizione di un modello economico estrattivista occidentale colpisce ancora una volta le famiglie invadendo e distruggendo le loro terre, le loro culture, le loro vite, costringendole ad emigrare nelle città e nelle loro periferie.
77. I rapidi cambiamenti attuali incidono sulla famiglia amazzonica. Troviamo così nuovi formati di famiglia: famiglie monoparentali sotto la responsabilità della donna, aumento delle famiglie separate, delle unioni consensuali e delle famiglie assemblate, diminuzione dei matrimoni istituzionali. Inoltre, si constata ancora la sottomissione della donna all'interno della famiglia, l’aumento della violenza domestica, ci sono bambini con genitori assenti e cresce il numero di gravidanze adolescenziali e di aborti.
78. La famiglia in città è un luogo di sintesi tra la cultura tradizionale e quella moderna. Tuttavia, le famiglie spesso soffrono per la povertà, gli alloggi precari, la mancanza di lavoro, l’aumento del consumo di droghe e alcol, la discriminazione, il suicidio minorile. Inoltre, nella vita familiare manca il dialogo tra le generazioni, le tradizioni e la lingua si perdono. Le famiglie si trovano anche di fronte a nuovi problemi di salute, che richiedono un'adeguata educazione alla maternità. Si rileva anche una mancanza di attenzione per le donne in gravidanza, nel periodo prima e dopo il parto.[40]
Suggerimenti
79. La multiculturalità della Panamazzonia è ricchissima, e per questo motivo il contributo maggiore è quello di continuare la lotta per preservare la sua bellezza rafforzando la struttura comunitaria e familiare dei popoli. A tal fine, la Chiesa deve valorizzare e rispettare le identità culturali. In particolare, si dovrebbe:
a) Rispettare il modello proprio di organizzazione comunitaria. Dato che molte politiche pubbliche riguardano l'identità familiare e collettiva, è necessario avviare e accompagnare processi che partano dalla famiglia/clan/comunità per promuovere il bene comune, aiutando a superare le strutture che allontanano: «Dobbiamo organizzarci a partire dalla nostra casa».[41]
b) Ascoltare il canto che si impara in famiglia come modo di esprimere la profezia nel mondo amazzonico.
c) Promuovere il ruolo della donna riconoscendo la sua funzione fondamentale nella formazione e nella continuità delle culture, nella spiritualità, nelle comunità e nelle famiglie. Si richiede di assumere il ruolo di leadership femminile all'interno della Chiesa.
d) Articolare una pastorale familiare che segua le indicazioni dell'Esortazione Apostolica Amoris laetitia:
i. Una pastorale familiare che accompagni, integri e non escluda la famiglia ferita.
ii. Una pastorale sacramentale che rafforzi e conforti tutti senza escludere nessuno.
iii. Una formazione permanente di agenti pastorali che tenga conto dei recenti Sinodi e della realtà familiare amazzonica.
iv. Una pastorale familiare in cui la famiglia sia soggetto e protagonista.
Capitolo VI. Corruzione
“Questo diventa ancora più irritante se gli esclusi vedono crescere questo cancro sociale che è la corruzione profondamente radicata in molti Paesi - nei governi, nell’imprenditoria e nelle istituzioni - qualunque sia l’ideologia politica dei governanti” (EG 60).
Corruzione in Amazzonia
80. La corruzione in Amazzonia incide gravemente sulla vita dei suoi popoli e territori. Ci sono almeno due tipi di corruzione: quella che esiste al di fuori della legge e quella che è protetta da una legislazione che tradisce il bene comune.
81. Negli ultimi decenni, l’investimento nello sfruttamento delle ricchezze dell'Amazzonia da parte delle grandi imprese ha subito un'accelerazione. Molte di loro perseguono il profitto a tutti i costi, indipendentemente dal danno socio-ambientale che provocano. I governi che autorizzano tali pratiche, che hanno bisogno di valuta estera per promuovere le loro politiche pubbliche, non sempre adempiono al loro dovere di proteggere l'ambiente e i diritti delle loro popolazioni. La corruzione raggiunge così le autorità politiche, giudiziarie, legislative, sociali, ecclesiali e religiose che ricevono benefici per consentire a queste società di operare (cf. DAp. 77). Ci sono casi in cui grandi aziende e governi hanno organizzato sistemi di corruzione. Vediamo persone che hanno ricoperto cariche pubbliche e che ora sono sotto processo, in prigione o si sono dati alla fuga. Come dice il Documento di Aparecida: «È allarmante anche il livello di corruzione nelle economie, che coinvolge sia il settore pubblico che quello privato, a cui si aggiunge una notevole mancanza di trasparenza e responsabilità nei confronti dei cittadini. In molte occasioni, la corruzione è legata alla piaga del traffico o del commercio di droga e, d’altro canto, sta distruggendo il tessuto sociale ed economico di intere regioni» (DAp. 70).
Piaga morale strutturale
82. Si crea così una cultura che avvelena lo Stato e le sue istituzioni, permeando tutti gli strati sociali, comprese le comunità indigene. Si tratta di una vera e propria piaga morale; di conseguenza, si perde la fiducia nelle istituzioni e nei suoi rappresentanti, il che scredita totalmente la politica e le organizzazioni sociali. I popoli amazzonici non sono estranei alla corruzione e ne diventano le principali vittime.
Suggerimenti
83. Considerando la situazione di carenza di mezzi economici delle Chiese particolari in Amazzonia, si deve prestare particolare attenzione all'origine delle donazioni o di altri tipi di benefici, così come agli investimenti fatti dalle istituzioni ecclesiastiche o dai cristiani. Le Conferenze Episcopali potrebbero offrire un servizio di consulenza e accompagnamento, di consultazione e promozione di strategie comuni di fronte alla corruzione diffusa e anche di fronte alla necessità di generare e investire risorse per sostenere la pastorale. È necessaria un'accurata analisi di fronte alle azioni del narcotraffico.
a. Attuare una preparazione adeguata del clero per affrontare la complessità, l’acutezza e la gravità dei problemi urgenti legati alla corruzione e all'esercizio del potere.
b. Promuovere una cultura dell'onestà, del rispetto per gli altri e del bene comune.
c. Accompagnare, promuovere e formare laici per una significativa presenza pubblica nella politica, nell'economia, nella vita accademica e in tutte le forme di leadership (cf. DAp. 406).
d.Accompagnare i popoli nelle loro lotte per la cura dei loro territori e il rispetto dei loro diritti.
e. Discernere come si genera e come si investe il denaro nella Chiesa, superando posizioni ingenue attraverso un sistema di amministrazione comunitaria e di audit, rispettando le norme ecclesiali in vigore.
f. Affiancare le iniziative della Chiesa ad altri organismi affinché le imprese si assumano le responsabilità degli impatti socio-ecologici delle loro azioni, secondo i parametri giuridici degli Stati stessi.
Capitolo VII. La questione della salute integrale
“Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell'Araba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque… I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina” (Ez 47, 8.12)
Salute in Amazzonia
84. La regione amazzonica contiene oggi la più importante diversità di flora e fauna del mondo e la sua popolazione autoctona ha un senso integrale della vita non inquinato dal materialismo economico. L'Amazzonia è un territorio sano nella sua lunga e fruttuosa storia, anche se non sono mancate malattie. Tuttavia, con la mobilità dei popoli, con l'invasione di industrie inquinanti senza controllo, a causa delle condizioni del cambiamento climatico e di fronte ad una totale indifferenza delle autorità sanitarie pubbliche sono comparse nuove malattie e sono riapparse patologie che erano state superate. Il modello di sviluppo limitato solo allo sfruttamento economico della ricchezza forestale, mineraria e idrocarbonifera della Panamazzonia incide sulla salute dei biomi amazzonici, delle sue comunità e dell'intero pianeta! Il danno affligge non solo la salute fisica, ma anche la cultura e la spiritualità dei popoli, è un danno alla loro ‘salute integrale’. Gli abitanti dei villaggi amazzonici hanno diritto alla salute e a ‘vivere in salute’ il che presuppone un’armonia «con ciò che la ‘Madre Terra’ ci offre».[42]
Valorizzazione e approfondimento delle medicine tradizionali
85. Di fronte alla ‘cultura dello scarto’ (cf. LS 22) i discepoli di Cristo sono chiamati a promuovere una cultura della cura e della salute. L'impegno per la cura della salute richiede pertanto cambiamenti urgenti negli stili di vita personali e nelle strutture.
86. La ricchezza della flora e della fauna della foresta contiene vere e proprie ‘farmacopee viventi’ e principi genetici inesplorati. La deforestazione dell’Amazzonia ci impedirà di fare affidamento su tali ricchezze, impoverendo le generazioni future. Attualmente, il tasso di estinzione delle specie in Amazzonia, dovuto alle attività umane, è mille volte superiore al processo naturale. L'unico modo per preservare questa ricchezza è prendersi cura del territorio e della foresta amazzonica e dare potere agli indigeni e ai cittadini.
87. I rituali e le cerimonie indigene sono essenziali per la salute integrale perché integrano i diversi cicli della vita umana e della natura. Creano armonia ed equilibrio tra gli esseri umani e il cosmo. Proteggono la vita dai mali che possono essere causati sia dagli esseri umani che da altri esseri viventi. Aiutano a curare le malattie che danneggiano l'ambiente, la vita umana e altri esseri viventi.
Suggerimenti
88. Prendersi cura della salute degli abitanti implica una conoscenza approfondita delle piante medicinali e di altri elementi tradizionali che fanno parte dei processi di guarigione. A tal fine, le popolazioni indigene si affidano a persone che, nel corso della loro vita, si specializzano nell'osservazione della natura, nell'ascolto e nella raccolta di conoscenze dagli anziani, specialmente dalle donne. Ma a causa dell'inquinamento ambientale, sia la natura che i corpi delle persone in Amazzonia si stanno deteriorando. Il contatto con nuovi elementi tossici come il mercurio provoca la comparsa di nuove malattie finora sconosciute agli anziani guaritori. Tutto ciò mette a rischio questa saggezza ancestrale. Per questo motivo le risposte al Documento Preparatorio sottolineano la necessità di preservare e trasmettere i saperi della medicina tradizionale.[43] Si propone di aiutare i popoli dell'Amazzonia a mantenere, recuperare, sistematizzare e diffondere questa conoscenza per la promozione di una salute integrale.
89. Di fronte a queste nuove malattie, gli abitanti dei villaggi sono costretti ad acquistare medicinali prodotti da aziende farmaceutiche con le stesse piante dell'Amazzonia. Una volta commercializzati, questi farmaci sono al di fuori delle loro possibilità economiche a causa, tra l'altro, della brevettabilità dei farmaci e del sovrapprezzo. Si propone quindi di valorizzare la medicina tradizionale, la saggezza degli anziani e i rituali indigeni e, allo stesso tempo, di facilitare l'accesso a farmaci che curano le nuove malattie.
90. Ma non sono solo le erbe medicinali e le medicine che aiutano a guarire. L’acqua e l’aria pulita e il cibo sano, frutto delle proprie coltivazioni e raccolte, della caccia e della pesca, sono condizioni necessarie per la salute integrale dei popoli indigeni.[44] Si propone pertanto di chiedere ai governi una rigorosa regolamentazione delle industrie e la denuncia di quelle che inquinano l'ambiente. Inoltre, si suggerisce di generare spazi di scambio e di accompagnamento educativo per recuperare le abitudini del “buon vivere”, generando così una cultura della cura e della prevenzione.
91. Infine, si propone di valutare le strutture sanitarie della Chiesa, come gli ospedali e i centri sanitari, alla luce di una salute integrale accessibile a tutti gli abitanti dei villaggi, affinché assumano la medicina tradizionale come parte dei loro programmi sanitari.
Capitolo VIII. Educazione integrale
“Noi giovani abbiamo perso la nostra identità culturale e la nostra lingua in particolare. Dimentichiamo di avere le nostre radici, di appartenere ad un popolo originario e ci siamo fatti prendere dalla tecnologia. Non è male tenere il piede in due staffe, conoscere il moderno e conservare anche la tradizione. Dove ti trovi tieni sempre presente entrambe le cose, tieni presente le tue radici, da dove vieni e non dimenticarlo” (Slendy Grefa, Doc. Consulta, Ecuador).
Una Chiesa sinodale: discepola e maestra
92. Attraverso l'ascolto reciproco dei popoli e della natura, la Chiesa si trasforma in una Chiesa in uscita, sia geografica che strutturale; in una Chiesa sorella e discepola attraverso la sinodalità. Come ha espresso Papa Francesco nella Costituzione Apostolica Episcopalis Communio: “Il Vescovo è contemporaneamente maestro e discepolo [...]. È discepolo quando, sapendo che lo Spirito è elargito a ogni battezzato, si pone in ascolto della voce di Cristo che parla attraverso l’intero popolo di Dio” (EC 5). Egli stesso è diventato un discepolo a Puerto Maldonado quando ha espresso la sua volontà di ascoltare la voce dell'Amazzonia.
Educazione come incontro
93. L'educazione implica un incontro e uno scambio in cui i valori sono assimilati. Ogni cultura è ricca e povera allo stesso tempo. Essendo storica, la cultura ha sempre una dimensione pedagogica di apprendimento e perfezionamento. «Quando alcune categorie della ragione e delle scienze vengono accolte nell'annuncio del messaggio, quelle stesse categorie diventano strumenti di evangelizzazione; è l'acqua trasformata in vino. È ciò che, una volta assunto, non solo viene redento, ma diventa strumento dello Spirito per illuminare e rinnovare il mondo» (EG 132). L’incontro è la «capacità del cuore che rende possibile la prossimità» (EG 171) e i molteplici apprendimenti.
94. Questa educazione, che si sviluppa attraverso l'incontro, è diversa da un'educazione che cerca di imporre all'altro (e soprattutto ai poveri e vulnerabili) le proprie cosmovisioni che sono esattamente la causa della loro povertà e vulnerabilità. L’educazione in Amazzonia non significa imporre ai popoli amazzonici parametri culturali, filosofie, teologie, liturgie e costumi estranei. Oggi, «alcuni semplicemente si compiacciono incolpando i poveri e i paesi poveri dei propri mali, con indebite generalizzazioni, e pretendono di trovare la soluzione in una ‘educazione’ che li tranquillizzi e li trasformi in esseri addomesticati e inoffensivi» (EG 60). «Di conseguenza, si rende necessaria un'educazione che insegni a pensare criticamente e che offra un percorso di maturazione nei valori» (EG 64), un'educazione aperta all'interculturalità.
Educazione ad una ecologia integrale
95. La cosmovisione dei popoli indigeni amazzonici comprende la chiamata a liberarsi da una visione frammentata della realtà, incapace di percepire le molteplici connessioni, interrelazioni e interdipendenze. L'educazione ad un'ecologia integrale assume tutte le relazioni costitutive delle persone e dei popoli. Per comprendere questa visione dell'educazione, vale la pena di applicare lo stesso principio della salute: l'obiettivo è quello di osservare tutto il corpo e le cause della malattia e non solo i sintomi. Un'ecologia sostenibile per le generazioni future «non si può ridurre a una serie di risposte urgenti e parziali ai problemi che si presentano riguardo al degrado ambientale, all'esaurimento delle riserve naturali e all'inquinamento. Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo» (LS 111). Un'educazione basata solo su soluzioni tecniche a problemi ambientali complessi nasconde «i veri e più profondi problemi del sistema mondiale» (LS 111).
96. Si tratta quindi di un'educazione alla solidarietà che nasce da una «coscienza di un’origine comune» e di un «futuro condiviso da tutti» (LS 202). I popoli indigeni hanno un metodo di insegnamento-apprendimento basato sulla tradizione orale e sulla pratica esperienziale, che ha un processo pedagogico contestualizzato in ogni fase. La sfida è integrare questo metodo nel dialogo con altre proposte educative. Per questo è necessario «reimpostare gli itinerari pedagogici di un'etica ecologica, in modo che aiutino effettivamente a crescere nella solidarietà, nella responsabilità e nella cura basata sulla compassione» (LS 210). L'Amazzonia ci invita a scoprire il compito educativo come servizio integrale per tutta l'umanità in vista di una «cittadinanza ecologica» (LS 211).
97. Tale educazione unisce l'impegno per la cura della terra con l'impegno per i poveri e suscita atteggiamenti di sobrietà e rispetto vissuti attraverso «un'austerità responsabile, [la] contemplazione riconoscente del mondo, [la] cura per la fragilità dei poveri e dell'ambiente» (LS 214). Tale educazione «deve tradursi in nuove abitudini» (LS 209) tenendo conto dei valori culturali. L'educazione, in una prospettiva ecologica e in chiave amazzonica, promuove il ‘buon vivere’, il ‘buon convivere’ e il ‘fare bene’, che deve essere persistente e percepibile per avere un impatto significativo sulla Casa Comune.
Suggerimenti
98. Si suggerisce:
a) La formazione degli agenti pastorali laici adulti per aiutarli a crescere nella responsabilità e nella creatività.
b) La formazione dei ministri ordinati:
1. I progetti formativi devono rispondere ad una cultura filosofico-teologica adattata alle culture amazzoniche capace di essere compresa e quindi di suscitare la vita cristiana. Per questo motivo si suggerisce di integrare la teologia indigena e l'ecoteologia, in modo che siano preparati all'ascolto e al dialogo aperto dove avviene l'evangelizzazione.
2. Si propone la riforma delle strutture dei seminari per favorire l'integrazione dei candidati al sacerdozio nelle comunità.
c) I centri di formazione:
1. Le scuole: c'è bisogno di piani educativi che si concentrino sull'educazione secondo le proprie culture, che rispettino le lingue native, un'educazione integrale che risponda alla propria realtà, per affrontare l'abbandono scolastico e l'analfabetismo, soprattutto femminile.
2. L'università: è necessario non solo promuovere l'interdisciplinarità, ma anche affrontare le questioni secondo la transdisciplinarietà, cioè con un approccio che restituisca al sapere umano unità nella diversità, in linea con lo studio di un'ecologia integrale secondo il prologo della Costituzione apostolica Veritatis gaudium.
3. È richiesto l'insegnamento della teologia indigena pan-amazzonica in tutte le istituzioni educative.
d) Teologia India Amazzonica:
1. Si chiede di approfondire una teologia india amazzonica già esistente, che permetterà una migliore e maggiore comprensione della spiritualità indigena per evitare di commettere gli errori storici che hanno travolto molte culture originarie.
2. Si chiede, ad esempio, di prendere in considerazione i miti, le tradizioni, i simboli, i saperi, i riti e le celebrazioni originarie che includono le dimensioni trascendenti, comunitarie ed ecologiche.
Capitolo IX. La conversione ecologica
“Manca loro dunque una conversione ecologica,
che comporta il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù
nelle relazioni con il mondo che li circonda” (LS 217)
Cristo ci chiama alla conversione (cf. Mc 1,15)
99. Un aspetto fondamentale della radice del peccato dell’essere umano sta nello staccarsi dalla natura e non riconoscerla come parte di sé stessi, sfruttarla senza limiti, rompendo così l'alleanza originaria con la creazione e con Dio (cf. Gen 3, 5). «L'armonia tra il Creatore, l'umanità e tutto il creato è stata distrutta per avere noi preteso di prendere il posto di Dio, rifiutando di riconoscerci come creature limitate» (LS 66). Dopo la rottura del peccato e il diluvio universale, Dio ristabilisce l'alleanza con l'uomo stesso e con la creazione (cf. Gen 9,9-17), chiamando l’essere umano a custodirla.
100. La riconciliazione con la creazione a cui ci invita Papa Francesco (cfr. LS 218) presuppone il superamento soprattutto di un atteggiamento passivo che, come il Re Davide, rinuncia a farsi carico della sua missione (cfr. 2 Sam 11,1). Il processo del peccato del re Davide inizia con un'omissione personale (rimane nel suo palazzo quando l'esercito è sul campo di battaglia), prende la forma del compimento di atti riprovevoli agli occhi di Dio (adulterio, menzogna e omicidio) che coinvolgono altri creando una rete di complicità (2 Sam 11,3-25). Anche la Chiesa può essere tentata di rimanere chiusa in sé stessa, rinunciando alla sua missione di annunciare il Vangelo e rendere presente il Regno di Dio. Al contrario, una Chiesa in uscita è una Chiesa che si confronta con il peccato di questo mondo al quale essa stessa non è estranea (cf. EG 20-24). Questo peccato, come ha detto San Giovanni Paolo II, non è solo personale, ma anche sociale e strutturale (cf. RP 16; SRS 36; SD 243; DAp. 92) e, come avverte Francesco, «tutto è collegato» (LS 138). Quando «l'essere umano si dichiara autonomo dalla realtà e si costituisce dominatore assoluto, la stessa base della sua esistenza si sgretola» (LS 117). Cristo redime l'intera creazione sottomessa dall’essere umano al peccato (cf. Rom 8,19-22).
Conversione integrale
101. Per questo la conversione deve avere anche gli stessi livelli di concretezza: personale, sociale e strutturale, tenendo conto delle diverse dimensioni della relazionalità. È una “conversione integrale della persona” che scaturisce dal cuore e si apre ad una “conversione comunitaria” riconoscendo i suoi legami sociali e ambientali, cioè una “conversione ecologica” (cf. LS 216-221). Questa conversione implica riconoscere la complicità personale e sociale nelle strutture di peccato, smascherando le ideologie che giustificano uno stile di vita che aggredisce la creazione. Frequentemente si sentono storie che giustificano l'azione distruttiva di gruppi di potere che sfruttano la natura, esercitano un dominio dispotico sui suoi abitanti (cf. LS 56, 200) e ignorano il grido di dolore della terra e dei poveri (cf. LS 49).
Conversione ecclesiale in Amazzonia
102. Il processo di conversione a cui è chiamata la Chiesa implica disimparare, imparare e rimparare. Questo cammino richiede uno sguardo critico e autocritico che ci permetta di identificare ciò che dobbiamo disimparare, ciò che danneggia la Casa Comune e i suoi popoli. Bisogna fare un viaggio interiore per riconoscere gli atteggiamenti e le mentalità che impediscono la connessione con sé stessi, con gli altri e con la natura; come diceva papa Benedetto XVI, “I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi”.[45] Questo processo si lascia ancora sorprendere dalla saggezza dei popoli indigeni. La loro vita quotidiana è testimonianza di contemplazione, cura e rapporto con la natura. Loro ci insegnano a riconoscerci come parte del bioma e corresponsabili della sua cura oggi e nel futuro. Dobbiamo quindi rimparare a tessere legami che assumano tutte le dimensioni della vita e ad assumere un'ascesi personale e comunitaria che ci permetta di «maturare in una felice sobrietà» (LS 225).
103. Nella Sacra Scrittura la conversione è presentata come un movimento che va dal peccato all'amicizia con Dio in Gesù Cristo; per questo fa parte del processo della fede (cf. Mc 1,15). Il nostro sguardo credente sulla realtà amazzonica ci ha fatto apprezzare l'opera di Dio nella creazione e nei suoi popoli, ma anche la presenza del male a diversi livelli: colonialismo (dominio), mentalità economico-mercantilista, consumismo, utilitarismo, individualismo, tecnocrazia, cultura dello scarto.
- Una mentalità che si è espressa storicamente in un sistema di dominazione territoriale, politica, economica e culturale che persiste ancora oggi in varie forme che perpetuano il colonialismo.
- Una economia basata esclusivamente sul profitto come unico fine, che esclude e calpesta i più deboli e la natura, si costituisce in idolo che semina distruzione e morte (cf. EG 53-56).
- Una mentalità utilitaristica concepisce la natura come mera risorsa e gli esseri umani come meri produttori-consumatori, rompendo il valore intrinseco e la relazionalità delle creature.
- «L’individualismo indebolisce i legami comunitari» (DAp. 44) facendo passare in secondo piano la responsabilità verso il prossimo, la comunità e la natura.
- Lo sviluppo tecnologico ha portato grandi benefici all'umanità, ma, allo stesso tempo, la sua assolutizzazione lo ha portato ad essere strumento di possesso, dominio e manipolazione (cf. LS 106) della natura e dell'essere umano. Tutto questo ha generato una cultura globale predominante che Papa Francesco ha definito “paradigma tecnocratico” (LS 109).
- Il risultato è una perdita dell'orizzonte trascendente e umanitario dove si trasmette la logica dell'«usa e getta» (LS 123) generando una «cultura dello scarto» (LS 22) che aggredisce la creazione.
Suggerimenti
104. Si suggerisce:
a. Smascherare le nuove forme di colonialismo presenti in Amazzonia.
b. Identificare le nuove ideologie che giustificano l'ecocidio amazzonico per analizzarle criticamente.
c. Denunciare le strutture di peccato che agiscono in territorio amazzonico.
d. Identificare le ragioni con cui giustifichiamo la nostra partecipazione alle strutture di peccato per analizzarle criticamente.
e. Favorire una chiesa come istituzione di servizio non autoreferenziale, corresponsabile nella cura della Casa Comune e nella difesa dei diritti dei popoli.
f. Promuovere mercati ecosolidali, un consumo equo e una «felice sobrietà» (LS 224-225) che rispetti la natura e i diritti dei lavoratori. «Acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico» (CV 66; LS 206).
g. Promuovere modelli di comportamento, di produzione e di consumo, di riciclaggio e di riutilizzo dei rifiuti.
h. Recuperare i miti e attualizzare i riti e le celebrazioni comunitarie che contribuiscono in modo significativo al processo di conversione ecologica.
i. Ringraziare i popoli originari per la cura del territorio nel tempo e riconoscere in questo la saggezza ancestrale che costituisce la base per una buona comprensione dell'ecologia integrale.
j. Creare itinerari pastorali organici a partire da un'ecologia integrale per la tutela della Casa Comune avendo come guida i capitoli 5 e 6 dell'Enciclica Laudato si’.
k. Riconoscimento formale, da parte della Chiesa particolare, dell'agente pastorale come ministero speciale che promuove la cura della Casa Comune.
PARTE III. CHIESA PROFETICA IN AMAZZONIA: SFIDE E SPERANZE
“Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!”(Nm 11,29)
105. L'annuncio di Gesù Cristo e la realizzazione di un incontro profondo con Lui attraverso la conversione e l’esperienza ecclesiale della fede presuppone una Chiesa accogliente e missionaria che si incarna nelle culture. Essa deve fare memoria dei passi compiuti per rispondere ai temi impegnativi della centralità del kerygma e della missione nell’area amazzonica. Questo paradigma di azione ecclesiale ispira i ministeri, la catechesi, la liturgia e la pastorale sociale tanto nell’area rurale quanto in quella urbana.
106. I nuovi cammini per la pastorale in Amazzonia richiedono di “rilanciare con fedeltà e audacia” la missione della Chiesa (DAp. 11) sul territorio e approfondire il «processo di inculturazione» (EG 126) e l’interculturalità (cf. LS 63, 143, 146) che esige dalla Chiesa in Amazzonia proposte «coraggiose», il che presuppone audacia e passione, come ci chiede Papa Francesco. L'evangelizzazione in Amazzonia è un banco di prova per la Chiesa e per la società.[46]
Capitolo I. Chiesa dal volto amazzonico e missionario
“Sul tuo servo fa' splendere il tuo volto” (Sal 31(30),17)
Un volto ricco di espressioni
107. Il volto amazzonico della Chiesa trova la sua espressione nella pluralità dei suoi popoli, culture ed ecosistemi. Questa diversità richiede un’opzione per una Chiesa in uscita e missionaria, incarnata in tutte le sue attività, espressioni e linguaggi. I Vescovi di Santo Domingo ci hanno proposto la meta di una evangelizzazione inculturata, che "sarà sempre la salvezza e la liberazione integrale di un popolo o gruppo umano determinato, che rafforzerà la sua identità e fiducia nel suo futuro specifico, opponendosi alle forze della morte" (DSD, Conclusioni 243). E Papa Francesco formula chiaramente questo bisogno di una Chiesa inculturata e interculturale: “abbiamo bisogno che i popoli originari plasmino culturalmente le Chiese amazzoniche locali” (Fr.PM).
108. Inculturazione e interculturalità non si contrappongono, ma si completano a vicenda. Così come Gesù si è incarnato in una cultura determinata (inculturazione), i suoi discepoli missionari ne seguono le orme. Per questo motivo, i cristiani di una cultura vanno ad incontrare persone di altre culture (interculturalità). Questo è accaduto fin dall'inizio della Chiesa, quando gli apostoli ebrei hanno portato la Buona Novella a culture differenti, come la greca, scoprendovi “semi del Verbo”.[47] Da questo incontro e dialogo tra le culture, sono emersi nuovi cammini dello Spirito. Oggi, nell'incontro e nel dialogo con le culture amazzoniche, la Chiesa scruta nuove vie.
109. Secondo il Documento di Aparecida, l'opzione preferenziale per i poveri è il criterio ermeneutico per analizzare le proposte per la costruzione della società (cf. 501, 537, 474, 475), e il criterio di autocomprensione della Chiesa. È anche una delle caratteristiche che contraddistingue la fisionomia della Chiesa latinoamericana e caraibica (cf. 391, 524, 533), e di tutte le sue strutture, dalla parrocchia ai suoi centri educativi e sociali (cf. 176, 179, 199, 334, 337, 338, 446, 550). Il volto amazzonico è quello di una Chiesa con una chiara opzione per (e con) i poveri[48] e per la cura del creato. A partire dai poveri, e dall'atteggiamento di cura dei beni di Dio, si aprono nuovi cammini per la Chiesa locale che si allargano alla Chiesa universale.
Un volto locale di dimensione universale
110. Una Chiesa dal volto amazzonico nelle sue molteplici sfumature cerca di essere una Chiesa "in uscita" (cf. EG 20-23), che si lascia alle spalle una tradizione coloniale monoculturale, clericale e impositiva e sa discernere e assumere senza timori le diverse espressioni culturali dei popoli. Tale volto ci avverte del rischio di "pronunciare una parola unica [o] proporre una soluzione di valore universale" (cf. OA 4; EG 184). Certamente la complessa, plurale, conflittuale e opaca realtà socio-culturale impedisce l'applicazione di "una dottrina monolitica difesa da tutti senza sfumature" (EG 40). L'universalità o cattolicità della Chiesa, quindi, è arricchita dalla «bellezza di questo volto pluriforme» (NMI 40) dovuto alle diverse manifestazioni delle Chiese particolari e delle loro culture, formando una Chiesa poliedrica (cf. EG 236).
Un volto di sfida dinanzi alle ingiustizie
111. Dare forma ad una Chiesa dal volto amazzonico ha una dimensione ecclesiale, sociale, ecologica e pastorale, spesso conflittuale. Infatti, l'organizzazione politica e giuridica non sempre ha tenuto conto del volto culturale della giustizia dei popoli e delle loro istituzioni. La Chiesa non è estranea a questa tensione. A volte c'è la tendenza ad imporre una cultura estranea all'Amazzonia che ci impedisce di comprendere i suoi popoli e di apprezzare le loro cosmovisioni.
112. La realtà delle chiese locali ha bisogno di una Chiesa partecipativa, che si renda presente nella vita sociale, politica, economica, culturale ed ecologica dei suoi abitanti; di una Chiesa accogliente verso la diversità culturale, sociale ed ecologica per poter servire senza discriminazione persone o gruppi; di una Chiesa creativa, che possa accompagnare assieme al suo popolo la costruzione di nuove risposte ai bisogni urgenti; e di una Chiesa armoniosa, che promuova i valori della pace, della misericordia e della comunione.
Un volto inculturato e missionario
113. La diversità culturale richiede un'incarnazione più reale per assumere modi di vivere e culture diversi. “Rimane valido, nell'ordine pastorale, il principio dell'incarnazione formulato da sant'Ireneo: ‘Ciò che non è stato assunto non è stato redento’”.[49] Gli impulsi e le ispirazioni importanti per questa desiderata inculturazione si trovano nel magistero della Chiesa e nel cammino ecclesiale latinoamericano, delle sue Conferenze Episcopali (Medellín, 1968, Puebla, 1979, Santo Domingo, 1992, Aparecida, 2007), delle sue comunità e dei suoi santi e martiri.[50]. Una realtà importante di questo processo è stato l'emergere di una teologia latinoamericana, soprattutto della Teologia India.
114. La costruzione di una Chiesa missionaria dal volto locale esprime l’avanzamento nella costruzione di una Chiesa inculturata, che sappia lavorare e articolarsi (come i fiumi dell'Amazzonia) con ciò che è culturalmente disponibile, in tutti i suoi campi di azione e presenza. «Essere Chiesa significa essere popolo di Dio» (EG 114), incarnato «nei popoli della terra» e nelle sue culture (cf. EG 115).
Capitolo II. Sfide dell’inculturazione e dell’interculturalità [51]
“Nei diversi popoli che sperimentano il dono di Dio secondo la propria cultura, la Chiesa esprime la sua autentica cattolicità e mostra «la bellezza di questo volto pluriforme»” (EG 116)
In cammino verso una Chiesa dal volto amazzonico e indigeno
115. La missione della Chiesa è annunciare il Vangelo di Gesù di Nazareth, il Buon Samaritano (cf. Lc 10,25-36), che ha compassione per l'umanità ferita e abbandonata. La Chiesa proclama il mistero della sua morte e risurrezione a tutte le culture e a tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (cf. Mt 28,19). Seguendo l'esempio di san Paolo che ha voluto farsi greco con i greci, cercando di adattarsi “il più possibile a tutti” (cf. 1 Cor 9,19-23), la Chiesa ha fatto un grande sforzo per evangelizzare tutti i popoli nel corso della storia. Ha cercato di realizzare questo mandato missionario incarnando e traducendo il messaggio del Vangelo nelle diverse culture, in mezzo a difficoltà di ogni genere, politiche, culturali, geografiche. Ma c'è ancora molto da fare.
116. Da secoli la Chiesa cerca di condividere il Vangelo con i popoli amazzonici, molti dei quali sono membri della comunità ecclesiale. I missionari e le missionarie hanno una storia di profonda relazione con questa regione. Hanno lasciato tracce profonde nell'anima del popolo cattolico dell'Amazzonia. La Chiesa ha percorso un lungo cammino che deve essere approfondito e aggiornato perché possa diventare una Chiesa dal volto indigeno e amazzonico.
117. Tuttavia, come emerge dagli incontri territoriali, c'è ancora una ferita aperta per gli abusi passati. Giustamente, nel 1912 Papa Pio X ha riconosciuto la crudeltà con cui gli indigeni sono stati trattati nell'Enciclica Lacrimabili Statu Indorum. L'episcopato latinoamericano a Puebla ha accettato l'esistenza di «un gigantesco processo di dominazioni» pieno di «contraddizioni e lacerazioni» (DP 6). Ad Aparecida, i vescovi hanno chiesto di “decolonizzare le menti” (DAp. 96). Nell'Incontro con i popoli dell'Amazzonia a Puerto Maldonado, Papa Francesco ha ricordato le parole di San Turibio de Mogrovejo: “non solo nei tempi passati sono state fatte a questi poveri tante offese e violenze con tanti eccessi, ma […] anche oggi molti continuano a fare le stesse cose”[52]. Poiché persiste ancora una mentalità coloniale e patriarcale, è necessario approfondire un processo di conversione e riconciliazione.[53]
Suggerimenti
118. Le comunità consultate si aspettano che la Chiesa si impegni nella cura della Casa Comune e dei suoi abitanti,“[…] difenda i territori, che aiuti i popoli indigeni a denunciare ciò che causa morte e minaccia i territori”.[54] Una Chiesa profetica non può smettere di gridare per i diseredati e per coloro che soffrono (cf. Fr.PM).
119. L'ascolto della voce dello Spirito nel grido dei popoli amazzonici e nel magistero di Papa Francesco presuppone un processo di conversione pastorale e missionaria (cf. EG 25). Per questo si suggerisce:
a) Evitare l'omogeneizzazione culturale per riconoscere e promuovere il valore delle culture amazzoniche.
b) Rifiutare l'alleanza con la cultura dominante e il potere politico ed economico per promuovere le culture e i diritti degli indigeni, dei poveri e del territorio.
c) Superare ogni clericalismo per vivere la fraternità e il servizio come valori evangelici che animano il rapporto tra l'autorità e i membri della comunità.
d) Superare posizioni rigide che non tengono sufficientemente conto della vita concreta delle persone e della realtà pastorale, per andare incontro alle reali necessità dei popoli e delle culture indigene.
L’evangelizzazione nelle culture [55]
120. Lo Spirito creatore che riempie l'universo (cf. Sap 1,7) è lo Spirito che per secoli ha nutrito la spiritualità di questi popoli anche prima dell'annuncio del Vangelo e li spinge ad accettarlo a partire dalle loro culture e tradizioni. Tale annuncio deve tener conto dei “semi del Verbo”[56] presenti in esse. Riconosce inoltre che in molti di loro il seme è già cresciuto e ha dato frutti. Presuppone un ascolto rispettoso che non imponga formulazioni di fede espresse da altri riferimenti culturali che non rispondono al loro contesto vitale. Ma al contrario, ascolta “la voce di Cristo che parla attraverso l’intero popolo di Dio” (EC 5).
121. È necessario cogliere ciò che lo Spirito del Signore ha insegnato a questi popoli nel corso dei secoli: la fede in Dio Padre-Madre Creatore, il senso di comunione e di armonia con la terra, il senso di solidarietà con i propri compagni, il progetto del “buon vivere”, la saggezza di civiltà millenarie che gli anziani possiedono e che ha effetti sulla salute, sulla convivenza, sull'educazione e sulla coltivazione della terra, il rapporto vivo con la natura e la ‘Madre Terra’, la capacità di resistenza e resilienza delle donne in particolare, i riti e le espressioni religiose, i rapporti con gli antenati, l'atteggiamento contemplativo e il senso di gratuità, di celebrazione e di festa e il senso sacro del territorio.
122. L'inculturazione della fede non è un processo dall'alto verso il basso o un'imposizione esterna, ma un arricchimento reciproco delle culture in dialogo (interculturalità).[57] Il soggetto attivo dell'inculturazione sono gli stessi popoli indigeni. Come ha affermato Papa Francesco, “la grazia suppone la cultura” (EG 115).
Suggerimenti
123. Sarebbe opportuno:
a) Partire dalla spiritualità vissuta dai popoli indigeni a contatto con la natura e dalla loro cultura, affinché possano essere illuminati dalla novità di Cristo morto e risorto e in Lui raggiungere la pienezza.
b) Riconoscere la spiritualità indigena come fonte di ricchezza per l'esperienza cristiana.
c) Poiché la narratività è una caratteristica dei popoli originari, attraverso la quale essi trasmettono la loro millenaria saggezza, si suggerisce una catechesi che assuma il linguaggio e il significato delle narrazioni delle culture indigene e afro-discendenti in sintonia con le narrazioni bibliche.
d) Allo stesso modo, sarebbe opportuna una predicazione omiletica che risponda alle esperienze vitali e alla realtà socio-ambientale (cf. EG 135-144) in uno stile narrativo. Si spera che susciti l'interesse e la partecipazione dei fedeli e tenga presente la cosmovisione indigena integrale, motivando una conversione pastorale in vista di un'ecologia integrale.
e) Di fronte all'invasione colonizzatrice dei mezzi di comunicazione di massa, le comunità hanno insistito nel chiedere comunicazioni alternative a partire dalle proprie lingue e culture. Per questo motivo, è conveniente che gli stessi soggetti indigeni siano presenti nei mezzi di comunicazione già esistenti.[58]
f) Sarebbe anche opportuno creare nuove stazioni radio della Chiesa che promuovano il Vangelo e le culture, le tradizioni e le lingue originarie.[59]
Capitolo III. La celebrazione della fede: una liturgia inculturata
“L’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella liturgia in mezzo all’esigenza quotidiana
di far progredire il bene” (EG 24)
124. La Sacrosanctum Concilium (cf. 37-40, 65, 77, 81) propone l'inculturazione della liturgia tra i popoli indigeni. Certamente la diversità culturale non minaccia l'unità della Chiesa, ma esprime la sua autentica cattolicità mostrando “la bellezza di questo volto pluriforme” (EG 116). Por questo “bisogna avere il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari ambiti culturali…” (EG 167). Senza questa inculturazione la liturgia può ridursi in un “pezzo da museo” o in “un possesso di pochi” (EG 95).
125. La celebrazione della fede deve avvenire con l’inculturazione perché sia espressione della propria esperienza religiosa e del legame di comunione della comunità che celebra. Una liturgia inculturata sarà anche una cassa di risonanza per le lotte e le aspirazioni delle comunità e un impulso trasformatore verso una “terra senza mali”.
Suggerimenti
126. Si suggerisce di tenere presente quanto segue:
a) Si costata la necessità di un processo di discernimento riguardo ai riti, ai simboli e agli stili celebrativi delle culture indigene a contatto con la natura che devono essere assunti nel rituale liturgico e sacramentale. È necessario stare attenti a raccogliere il vero significato del simbolo che trascende ciò che è puramente estetico e folcloristico, in particolare nell'iniziazione cristiana e nel matrimonio. Si suggerisce che le celebrazioni siano di tipo festivo con la propria musica e la propria danza, nelle lingue e nei vestiti autoctoni, in comunione con la natura e con la comunità. Una liturgia che risponda alla propria cultura perché sia fonte e culmine della loro vita cristiana (cf. SC 10) e legata alle loro lotte, sofferenze e gioie.
b) I sacramenti devono essere fonte di vita e rimedio accessibile a tutti (cf. EG 47), specialmente ai poveri (cf. EG 200). Occorre superare la rigidità di una disciplina che esclude e aliena, attraverso una sensibilità pastorale che accompagna e integra (cf. AL 297, 312).
c) Le comunità hanno difficoltà a celebrare frequentemente l'Eucaristia per la mancanza di sacerdoti. “La Chiesa vive dell'Eucaristia” e l'Eucaristia edifica la Chiesa.[60] Per questo, invece di lasciare le comunità senza l'Eucaristia, si cambino i criteri di selezione e preparazione dei ministri autorizzati a celebrarla.
d) In funzione di una “salutare ‘decentralizzazione’” della Chiesa (cf. EG 16) le comunità chiedono che le Conferenze Episcopali adattino il rito eucaristico alle loro culture.
e) Le comunità chiedono una maggiore valorizzazione, accompagnamento e promozione della pietà con cui il popolo povero e semplice esprime la sua fede attraverso immagini, simboli, tradizioni, riti e altri sacramentali. Tutto questo avviene attraverso associazioni comunitarie che organizzano vari eventi come preghiere, pellegrinaggi, visite ai santuari, processioni e feste patronali. Si tratta di una manifestazione di una saggezza e di una spiritualità che costituisce un autentico luogo teologico con un grande potenziale evangelizzatore (cf. EG 122-126).
Capitolo IV. L’organizzazione delle comunità
“È giusto riconoscere che esistono iniziative di speranza che sorgono dalle vostre stesse realtà locali e dalle vostre organizzazioni” (Fr.PM)
La cosmovisione degli indigeni
127. La Chiesa deve incarnarsi nelle culture amazzoniche che possiedono un alto senso di comunità, uguaglianza e solidarietà, per cui il clericalismo non è accettato nelle sue varie forme di manifestarsi. I popoli indigeni posseggono una ricca tradizione di organizzazione sociale dove l'autorità è a rotazione e con un profondo senso del servizio. A partire da questa esperienza di organizzazione sarebbe opportuno riconsiderare l'idea che l'esercizio della giurisdizione (potere di governo) deve essere collegato in tutti gli ambiti (sacramentale, giudiziario, amministrativo) e in modo permanente al Sacramento dell'Ordine.
Distanze geografiche e pastorali
128. Oltre alla pluralità delle culture all'interno dell'Amazzonia, le distanze generano un grave problema pastorale che non può essere risolto con i soli mezzi meccanici e tecnologici. Le distanze geografiche manifestano anche distanze culturali e pastorali che, quindi, richiedono il passaggio da una “pastorale della visita” a una “pastorale della presenza”, per riconfigurare la Chiesa locale in tutte le sue espressioni: ministeri, liturgia, sacramenti, teologia e servizi sociali.
Suggerimenti
129. I seguenti suggerimenti delle comunità recuperano aspetti della Chiesa primitiva quando rispondeva alle sue necessità creando ministeri appropriati (cf. Atti 6,1-7; 1 Tim 3,1-13):
a) Nuovi ministeri per rispondere in maniera efficace ai bisogni dei popoli amazzonici:
1. Promuovere vocazioni autoctone di uomini e donne in risposta ai bisogni di un’attenzione pastorale sacramentale; il loro contributo decisivo sta nell'impulso ad un'autentica evangelizzazione dal punto di vista indigeno, secondo i loro usi e costumi. Si tratta di indigeni che predicano agli indigeni con una profonda conoscenza della loro cultura e della loro lingua, capaci di comunicare il messaggio del Vangelo con la forza e l'efficacia di chi ha il loro bagaglio culturale. È necessario passare da una “Chiesa che visita” ad una “Chiesa che rimane”, accompagna ed è presente attraverso ministri che emergono dai suoi stessi abitanti.
2. Affermando che il celibato è un dono per la Chiesa, si chiede che, per le zone più remote della regione, si studi la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile, al fine di assicurare i Sacramenti che accompagnano e sostengono la vita cristiana.
3. Identificare il tipo di ministero ufficiale che può essere conferito alle donne, tenendo conto del ruolo centrale che esse svolgono oggi nella Chiesa amazzonica.
b) Ruolo dei laici:
1. Le comunità indigene sono partecipative ed hanno un alto senso di corresponsabilità. Per questo si chiede di valorizzare il protagonismo dei laici e delle laiche cristiani e di riconoscere il loro spazio perché siano soggetti della Chiesa in uscita.
2. Offrire cammini di formazione integrale perché assumano il loro ruolo di animatori di comunità in maniera credibile e corresponsabile.
3. Creare itinerari formativi alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa focalizzati sull’Amazzonia per i laici e le laiche che lavorano nei territori amazzonici, in particolare negli ambiti della cittadinanza e della politica.
4. Aprire nuove possibilità di processi sinodali, con la partecipazione di tutti i fedeli, in vista dell'organizzazione della comunità cristiana per la trasmissione della fede.
c) Ruolo della donna:
1. In campo ecclesiale, la presenza delle donne nelle comunità non è sempre valorizzata. Viene chiesto il riconoscimento delle donne a partire dai loro carismi e talenti. Esse chiedono di recuperare lo spazio dato da Gesù alle donne, “dove tutti/tutte possiamo ritrovarci”.[61]
2. Si propone inoltre di garantire alle donne la loro leadership, nonché spazi sempre più ampi e rilevanti nel campo della formazione: teologia, catechesi, liturgia e scuole di fede e di politica.
3. Si chiede anche che la voce delle donne sia ascoltata, che siano consultate e partecipino ai processi decisionali, e che possano così contribuire con la loro sensibilità alla sinodalità ecclesiale.
4. Che la Chiesa accolga sempre più lo stile femminile di agire e di comprendere gli avvenimenti.
d) Ruolo della vita consacrata:
1. “I popoli dell'America Latina e dei Caraibi si aspettano molto dalla vita consacrata [… che mostra] il volto materno della Chiesa. Il loro desiderio di ascolto, accoglienza e servizio, e la loro testimonianza dei valori alternativi del Regno, dimostrano che una nuova società latinoamericana e caraibica, fondata in Cristo, è possibile” (DAp. 224). Si propone quindi di promuovere una vita consacrata alternativa e profetica, intercongregazionale, interistituzionale, con un senso di disponibilità a stare dove nessuno vuole stare e con chi nessuno vuole stare.
2. Sostenere l'inserimento e l'itineranza delle persone consacrate vicino ai più poveri ed esclusi e la partecipazione politica per trasformare la realtà.
3. Proporre ai religiosi e alle religiose che vengono dall'estero di essere disponibili a condividere la vita locale con il cuore, la testa e le mani per disimparare modelli, ricette, schemi e strutture prefissate e per imparare lingue, culture, tradizioni di saggezza, cosmologie e mitologie autoctone.
4. Date le urgenze pastorali, e di fronte alla tentazione dell'attivismo immediato, si raccomanda di dare tempo all'apprendimento della lingua e della cultura per generare legami e sviluppare una pastorale integrale.
5. Si raccomanda che la formazione alla vita religiosa includa processi formativi focalizzati sull'interculturalità, l'inculturazione e il dialogo tra le spiritualità e le cosmovisioni amazzoniche.
6. Si suggerisce di dare priorità alle necessità delle popolazioni locali rispetto a quelle delle congregazioni religiose
e) Ruolo dei giovani:
1. È urgente un dialogo con i giovani per ascoltare le loro necessità.
2. È necessario accompagnare processi di trasmissione e ricezione del patrimonio culturale e linguistico nelle famiglie[62] per superare le difficoltà di comunicazione intergenerazionale.
3. I giovani si trovano tra due mondi, tra la mentalità indigena e l'attrazione della mentalità moderna, soprattutto quando migrano verso le città. Da un lato, sono necessari programmi per rafforzare la loro identità culturale di fronte alla perdita dei loro valori, delle loro lingue e del loro rapporto con la natura; dall'altro, sono necessari programmi per aiutarli ad entrare in dialogo con la cultura urbana moderna.
4. È urgente affrontare il problema della migrazione dei giovani verso le città.[63]
5. È necessario porre maggiormente l'accento sulla difesa e il recupero di coloro che sono vittime delle reti del narcotraffico e del traffico di esseri umani, nonché della dipendenza dalla droga e dall’alcol.
f) Diocesi di frontiera:
1. La frontiera è una categoria fondamentale della vita dei popoli amazzonici. È il luogo per eccellenza dell'acuirsi dei conflitti e delle violenze, dove la legge non viene rispettata e la corruzione mina il controllo dello Stato, lasciando campo libero a molte imprese per uno sfruttamento indiscriminato. Per tutti questi motivi, è necessario un lavoro che aiuti a vedere l'Amazzonia come una casa di tutti, che merita la cura di tutti. Si propone un'azione pastorale congiunta tra le Chiese di confine per affrontare problemi comuni come lo sfruttamento del territorio, la delinquenza, il narcotraffico, il traffico di esseri umani, la prostituzione, ecc.
2. È opportuno incoraggiare e rafforzare il lavoro nelle reti della pastorale di confine come cammino per un'azione pastorale sociale ed ecologica più efficace, continuando il servizio della REPAM.
3. Date le caratteristiche specifiche del territorio amazzonico, si suggerisce di considerare la necessità di una struttura episcopale amazzonica per realizzare l'applicazione del Sinodo.
4. È richiesta la creazione di un fondo economico a sostegno dell'evangelizzazione, della promozione umana e dell'ecologia integrale, soprattutto per l'attuazione delle proposte del Sinodo.
Capitolo V. L’evangelizzazione nelle città[64]
“Una cultura inedita palpita e si progetta nella città” (EG 73)
Missione urbana
130. San Giovanni Paolo II ci ha avvertito: "Oggi l'immagine della missione ad gentes sta forse cambiando: luoghi privilegiati dovrebbero essere le grandi città, dove sorgono nuovi costumi e modelli di vita, nuove forme di cultura e comunicazione, che poi influiscono sulla popolazione" (RM, 37b). La Chiesa deve essere in dialogo permanente con la realtà urbana, che richiede risposte diverse e creative. Per questo è necessario che sacerdoti, religiosi e religiose, e laici dei diversi ministeri, movimenti, comunità e gruppi della stessa città o diocesi, siano sempre più uniti nella realizzazione di un'azione missionaria congiunta, intelligente, capace di unire le forze. La missione urbana progredirà solo se ci sarà una grande comunione tra i lavoratori della vigna del Signore, perché, di fronte alla complessità della città, l'azione pastorale individuale e isolata perde efficacia.
Sfide urbane
131. La città, anche con le sue sfide, può trasformarsi in un'esplosione di vita. Le città fanno parte del territorio, quindi devono prendersi cura della foresta e rispettare gli indigeni. Al contrario, molti abitanti delle città amazzoniche considerano gli indigeni un ostacolo al loro progresso e vivono voltando le spalle alla foresta.
132. L’indigeno in città è un migrante, un essere umano senza terra e un sopravvissuto a una storica battaglia per la delimitazione della sua terra, con la sua identità culturale in crisi. Nei centri urbani, le agenzie governative spesso si sottraggono alla responsabilità di garantire i loro diritti, negando la loro identità e condannandoli all'invisibilità. Alcune parrocchie, da parte loro, non hanno ancora assunto la loro piena responsabilità nel mondo multiculturale che richiede una pastorale specifica, missionaria e profetica.
133. Un fenomeno importante da tenere in considerazione è la rapida crescita delle recenti chiese evangeliche di origine pentecostale, soprattutto nelle periferie.[65]
134. Tutto questo ci porta a chiederci: quale struttura parrocchiale può meglio rispondere al mondo urbano, dove l'anonimato, l'influenza dei mezzi di comunicazione e la evidente disuguaglianza sociale regnano sovrane? Che tipo di educazione possono promuovere le istituzioni cattoliche a livello formale e informale?
Suggerimenti
135. Sarebbe auspicabile:
a. Promuovere una pastorale specifica per gli indigeni che vivono nella città in cui essi stessi siano protagonisti.
b. Promuovere l'integrazione degli indigeni nelle varie attività pastorali della parrocchia attraverso l’affiancamento e la formazione, valorizzando ogni giorno di più il loro contributo.
c. Progettare una strategia di lavoro pastorale comune nelle città.[66]
d. Ripensare le strutture ecclesiali, superando le forme culturali antiquate che abbiamo acquisito nel corso dei secoli.[67]
e. Promuovere spazi per la formazione integrale.[68]
f. Favorire la consapevolezza dell'importanza vitale dell'inserimento della città nel territorio e della valorizzazione della foresta e dei suoi abitanti. Promuovere i necessari cambiamenti nelle strutture sociali ed economiche affinché lo sviluppo della città non sia una minaccia.
g. Sensibilizzare la comunità alle lotte sociali, sostenendo i diversi movimenti sociali per promuovere una cittadinanza ecologica e difendere i diritti umani.[69]
h. Promuovere una chiesa missionaria ed evangelizzatrice, visitando ed ascoltando la realtà presente nei nuovi quartieri.
i. Aggiornare l'opzione per i giovani [70], cercando una pastorale in cui essi stessi siano protagonisti.[71]
j. Essere presenti nei mezzi di comunicazione per evangelizzare e promuovere le culture originarie.[72]
Capitolo VI. dialogo ecumenico e interreligioso
“Proviamo ora a delineare dei grandi percorsi di dialogo che ci aiutino ad uscire dalla spirale
di autodistruzione in cui stiamo affondando” (LS 163)
136. Il dialogo ecumenico si svolge tra persone che condividono la fede in Gesù Cristo come Figlio di Dio e Salvatore, e a partire dalle Sacre Scritture cercano di dare una testimonianza comune. Il dialogo interreligioso si svolge tra credenti che condividono la loro vita, le loro lotte, le loro preoccupazioni e le loro esperienze di Dio, facendo delle loro differenze uno stimolo per crescere e per approfondire la propria fede.
137. Alcuni gruppi diffondono una teologia della prosperità e del benessere sulla base della propria lettura della Bibbia. Ci sono tendenze fataliste che cercano di turbare le persone, e, con una visione negativa del mondo, offrono un ponte per una salvezza certa. Gli uni tramite la paura e gli altri attraverso la ricerca del successo, hanno un impatto negativo sui gruppi amazzonici.
138. Tuttavia, altri gruppi sono presenti in mezzo alla foresta amazzonica vicino ai più poveri, svolgendo un’attività di evangelizzazione e di educazione; sono molto capaci di attirare i popoli nonostante non valorizzino positivamente la loro cultura. L’essere presenti ha permesso loro di insegnare e diffondere la Bibbia tradotta nelle lingue originarie. Per la maggior parte questi movimenti si sono diffusi a causa della mancanza di ministri cattolici. I loro pastori hanno formato piccole comunità dal volto umano, dove la gente si sente apprezzata personalmente. Un altro fattore positivo è la presenza locale, vicina e concreta dei pastori che visitano, accompagnano, confortano, conoscono e pregano per i bisogni concreti delle famiglie. Sono persone come gli altri, facili da trovare, che vivono gli stessi problemi e diventano più "vicini", e meno "diversi", al resto della comunità. Ci mostrano un altro modo di essere chiesa dove il popolo si sente protagonista e dove i fedeli possono esprimersi liberamente senza censura, dogmatismo o discipline rituali.
Suggerimenti
139. Sarebbe opportuno:
a. Cercare elementi comuni attraverso incontri periodici per lavorare insieme alla cura della Casa Comune e lottare in maniera congiunta per il bene comune contro le aggressioni esterne.
b. Mettere a fuoco quali aspetti dell'essere Chiesa ci educano e quali devono essere incorporati nei nuovi cammini della Chiesa in Amazzonia.
c. Incoraggiare la traduzione della Bibbia nelle lingue originali dell'Amazzonia.
d. Promuovere incontri con teologi cristiani evangelici.
Capitolo VII. Missione dei mezzi di comunicazione
“La Chiesa darà maggiore importanza ai mezzi di comunicazione sociale e li utilizzerà
per l'evangelizzazione” (DP 158)
Media, ideologia e culture
140. Una delle grandi sfide della Chiesa è pensare a come posizionarsi in questo mondo interconnesso. I mezzi di comunicazione sociale di massa trasmettono modelli di comportamento, stili di vita, valori, mentalità che influenzano, trasmettendo una cultura che tende ad imporsi e ad uniformare il nostro mondo interconnesso. È il problema della seduzione ideologica della mentalità consumistica, che colpisce soprattutto la gioventù. In molti casi, i giovani sono portati a non valorizzare - o addirittura rifiutare - la propria cultura e le proprie tradizioni, accettando acriticamente il modello culturale imperante. Questo porta allo sradicamento e alla perdita di identità.
I media della Chiesa
141. La Chiesa possiede un'infrastruttura di mezzi di comunicazione, in particolare di stazioni radio, che sono i suoi principali mezzi. I media possono essere uno strumento molto importante per trasmettere lo stile di vita evangelico, i suoi valori e i suoi criteri. Sono anche spazi per informare su ciò che sta accadendo in Amazzonia, soprattutto per quanto riguarda le conseguenze di uno stile di vita che distrugge e che i media che sono nelle mani delle grandi corporazioni nascondono. Esistono già alcuni centri di comunicazione sociale gestiti dagli stessi indigeni che sperimentano la gioia di poter far sentire le proprie parole, la propria voce non solo alle loro stesse comunità, ma anche all’esterno. Il mondo indigeno mostra valori che il mondo moderno non ha. Per questo motivo è importante che il rafforzamento dei mezzi di comunicazione raggiunga i nativi stessi. Il loro contributo può avere grande risonanza e aiutare la conversione ecologica della Chiesa e del pianeta. Bisogna che la realtà amazzonica esca dall'Amazzonia e abbia ripercussione planetaria.
Suggerimenti (cf. DAp. 486)
142. Si suggerisce:
a. La formazione integrale di comunicatori autoctoni, in particolare di indigeni, al fine di rafforzare le narrazioni proprie del territorio.
b. La presenza di agenti pastorali nei mezzi di comunicazione di massa.
c. La costituzione, la promozione e il rafforzamento di nuove emittenti radiofoniche e televisive con contenuti adeguati alla realtà amazzonica.
d. La presenza della Chiesa in Internet e in altre reti di comunicazione per far conoscere al mondo la realtà amazzonica.
e. L'articolazione dei diversi mezzi di comunicazione nelle mani della Chiesa e di coloro che lavorano in altri media, in uno specifico piano pastorale.
f. Produrre e diffondere contenuti sulla rilevanza dell'Amazzonia, dei suoi popoli e delle sue culture per il mondo, da promuovere nelle strutture e nei canali della Chiesa universale.
Capitolo VIII. Il ruolo profetico della Chiesa e la promozione umana integrale
“Dal cuore del Vangelo riconosciamo l'intima connessione tra evangelizzazione e promozione umana, che deve necessariamente esprimersi e svilupparsi in tutta l'azione evangelizzatrice”
(EG 178)
Chiesa in uscita
143. La Chiesa ha la missione di evangelizzare, il che implica allo stesso tempo un impegno a promuovere il compimento dei diritti delle popolazioni indigene. Infatti, quando questi popoli si incontrano, parlano di spiritualità, così come di ciò che gli accade e dei loro problemi sociali. La Chiesa non può non preoccuparsi della salvezza integrale della persona umana, che comporta promuovere la cultura dei popoli indigeni, parlare dei loro bisogni vitali, accompagnare i movimenti e unire le forze per difendere i loro diritti.
Chiesa in ascolto
144. Nella voce dei poveri è lo Spirito; per questo la Chiesa deve ascoltarli, sono un luogo teologico. Nell'ascolto del dolore, il silenzio diventa necessario per poter ascoltare la voce dello Spirito di Dio. La voce profetica implica un nuovo sguardo contemplativo capace di misericordia e di impegno. Come parte del popolo amazzonico, la Chiesa ricrea la sua profezia, a partire dalla tradizione indigena e cristiana. Ma significa anche vedere con coscienza critica una serie di comportamenti e realtà dei popoli indigeni che vanno contro il Vangelo. Il mondo amazzonico chiede alla Chiesa di essere sua alleata.
Chiesa e potere
145. Essere Chiesa in Amazzonia in modo realistico significa porre profeticamente il problema del potere, perché in questa regione le persone non hanno la possibilità di far valere i loro diritti contro le grandi imprese economiche e le istituzioni politiche. Oggi, mettere in discussione il potere nella difesa del territorio e dei diritti umani è mettere a rischio la propria vita, aprendo un cammino di croce e martirio. Il numero di martiri in Amazzonia è allarmante (p. es., solo in Brasile, tra il 2003 e il 2017, 1.119 indigeni sono stati uccisi per aver difeso i loro territori).[73] La Chiesa non può rimanere indifferente a tutto questo; al contrario, deve sostenere la protezione dei difensori dei diritti umani e ricordare i suoi martiri, tra cui donne leader come Suor Dorothy Stang.
Suggerimenti
146. Come comunità solidale a livello mondiale, la Chiesa reagisce responsabilmente alla situazione globale di ingiustizia, povertà, disuguaglianza, violenza ed esclusione in Amazzonia. Il presupposto fondamentale è il riconoscimento di relazioni non eque. Ecco perché è necessario:
a. Farsi carico della denuncia contro modelli estrattivisti che danneggiano il territorio e violano i diritti delle comunità. Alzare la voce contro progetti che hanno un impatto sull'ambiente e promuovono la morte.
b. Allearsi ai movimenti sociali di base, per annunciare profeticamente un programma di giustizia agraria che promuova una profonda riforma agraria, sostenendo l'agricoltura biologica e agroforestale. Assumere la causa dell'agroecologia incorporandola ai loro processi formativi per una maggiore consapevolezza delle stesse popolazioni indigene.[74]
c. Promuovere la formazione, la difesa e l'esecutività dei diritti umani dei popoli dell'Amazzonia, di altre popolazioni e della natura. Difendere le minoranze e i più vulnerabili.
d. Ascoltare il grido della "Madre Terra" attaccata e gravemente ferita dal modello economico di sviluppo predatorio ed ecocida, che uccide e saccheggia, distrugge e sgombra, allontana e scarta, pensato e imposto dall’esterno e al servizio di potenti interessi esterni.
e. Promuovere la dignità e l'uguaglianza della donna nella sfera pubblica, privata ed ecclesiale, assicurando canali di partecipazione, combattendo la violenza fisica, domestica e psicologica, il femminicidio, l'aborto, lo sfruttamento sessuale e la tratta, impegnandosi a lottare per garantire i suoi diritti e per superare ogni tipo di stereotipo.
f. Promuovere una nuova coscienza ecologica, che ci porti a cambiare le nostre abitudini di consumo, a promuovere l'uso di energie rinnovabili, evitando materiali nocivi e attuando altri percorsi di azione secondo l'Enciclica Laudato si’.[75] Promuovere alleanze per combattere la deforestazione e promuovere il rimboschimento.
g. Farsi carico senza paura dell’attuazione dell’opzione preferenziale per i poveri nella lotta dei popoli indigeni, delle comunità tradizionali, dei migranti e dei giovani per configurare la fisionomia della Chiesa in Amazzonia.
h. Creare reti di collaborazione negli spazi di impatto regionale, globale e internazionale, in cui la Chiesa partecipa organicamente affinché i popoli stessi possano presentare le loro denunce di violazione dei loro diritti umani.
Conclusione
147. In questo lungo percorso dell'Instrumentum Laboris, la voce dell'Amazzonia è stata ascoltata alla luce della fede (Parte I), si è cercato di rispondere al grido del popolo e del territorio amazzonico per un'ecologia integrale (Parte II) e per nuovi cammini al fine di favorire una capacità di profezia in Amazzonia (Parte III). Queste voci amazzoniche ci interpellano a dare una nuova risposta alle diverse situazioni e a cercare nuovi cammini che rendano possibile un kairós per la Chiesa e per il mondo. Concludiamo sotto la protezione di Maria, venerata con vari titoli in tutta l'Amazzonia. Ci auguriamo che questo Sinodo sia espressione concreta della sinodalità di una Chiesa in uscita, affinché la vita piena che Gesù è venuto a portare nel mondo (cf. Gv 10,10) possa raggiungere tutti, specialmente i poveri.
***
[1] A margine di questo processo ufficiale, si sono tenuti numerosi seminari a Washington D.C., Roma e Bogotá, con esperti di diversi settori e rappresentanti dei popoli amazzonici, per riflettere sulle questioni qui analizzate.
[2] Doc. Eje de Fronteras, pag. 3.
[3] Cf. Nobre, C. A., Sampaio, G., Borma, L. S., Castilla-Rubio, J. C., Silva, J. S., Cardoso, M., et al. (2016). “The Fate of the Amazon Forests: land-use and climate change risks and the need of a novel sustainable development paradigm”. Proceedings of the National Academy of Sciences U.S.A., 113(39), Settembre 2016.
[4] Nelle loro lingue si trova in diverse espressioni, come Sumak Kawsay in quechua, o Suma Qamaña in aymara, o Teko Porã in guaraní. Nella filosofia africana, la parola ubuntu è qualcosa di paragonabile al sumak kawsay quechua: generosità, solidarietà, compassione per chi ha bisogno, e il sincero desiderio di felicità e armonia fra tutti.
[5] Cf. “El grito del sumak kawsay en la Amazonia”, Dichiarazione dei popoli e delle nazionalità indigene delle regioni mesoamericane, andina e del Caribe, del Cono Sud e dell’Amazzonia, riuniti nella città di Pujili-Cotopaxi con l’obiettivo di approfondire il vero significato del sumak kawsay, in: home-page del Vicariato di Aguarico; Acosta, Alberto (2008). El Buen Vivir, una oportunidad por construir, Ecuador Debate: Quito; cf. “Sumak Kawsa, Suma Qamaña, Teko Porã. O Bem-Viver” (Ano X, n. 340, del 23.08.2010), en: IHUOnlineEdicao 340.pdf
[6] Doc. Diocesi di San José del Guaviare e Arcidiocesi di Villavicencio e Granada (Colombia, Frontiera Brasile, Colombia e Perù.
[7] Doc. Bolivia, pag. 36.
[8] Doc. Venezuela, pag. 1.
[9] IPBES, Nature’s Dangerous Decline ‘Unpredented’ Species Extintion Rates ‘Accelerating’
[10] Cf. Parte II, Cap.III: Migrazione.
[11] Doc. Eje Fronteras, pag. 1.
[12] Documento dell’Assemblea delle Regioni del Nord 1 e 2 della CNBB, “A Igreja e faz carne e arma sua tenda na Amazônia”, Manaus, 1997, en: CONFERÊNCIA NACIONAL DOS BISPOS DO BRASIL, Desafio missionário. Documentos da Igreja na Amazônia. Coletânea, Ed. CNBB, Brasília, 2014, pp. 67-84.
[13] I Documenti di Santarém (1972) e Manaos (1997) si trovano in: CNBB (2014). Desafio missionário. Documentos da Igreja na Amazônia. Coletânea, Ed. CNBB, Brasília, pp. 9-28 e 67-84.
[14] Cf. LS 163 e Doc. Preparatorio, n. 13.
[15] Papa Francesco, Discorso in occasione del II Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari, Santa Cruz de la Sierra, Bolivia, 9 luglio 2015. Cf. Parte II, cap. I: Distruzione estrattivista, p.41, n. 113.
[16] Cf. ST II-II, Q 158, Art 1.
[17] Cf. Sint. REPAM, pag. 135.
[18] Si riferisce alla trasformazione della foresta in savana.
[19] Cf. Sint. REPAM – Brasile, pag. 120.
[20] Cf. Sint. REPAM, pag. 43.
[21] Cf. Sint. REPAM, pag. 86.
[22] Cf. Sint. REPAM, Antonio, Brasile, pag. 57.
[23] Cf. Parte II, Cap. II. (PIAV)
[24] Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), 1989. Convenzione 169: Sui Popoli Indigeni e Tribali, art. 7.
[25] Alcuni emigrano nelle città per il commercio di beni di prima necessità o per ottenere un lavoro temporaneo in cerca di denaro che sostenga le loro famiglie (es. la migrazione pendolare interna peruviana per lavorare con le compagnie di legname).
[26] La pratica della transumanza si basa su due fenomeni naturali tra loro correlati: le differenze sulla produzione primaria provocate dalle stagioni e dalla migrazione degli animali. La transumanza umana è quindi legata all'ecologia integrale: al bisogno umano di produrre e alla situazione ecologica che provoca la migrazione di alcuni gruppi umani.
[27] Francesco, Incontro con la popolazione nell’Istituto Jorge Basadre Grohmann (Puerto Maldonado, 19 gennaio 2018)
[28] Cf. Parte I, Cap. I, punto 14; Parte II, Cap. I, punto 48.
[29] Discípulos Missionários na Amazônia, 2007. Documento do IX Encontro de Bispos da Amazônia, Manaus (2007). En: CNBB (2014), Desafio missionário: Documentos da Igreja na Amazônia. Coletânea, Ed. CNBB, Brasília, pp. 161-216 (269).
[30] Cf. Sínt. REPAM, pag.124.
[31] Cf. Doc. Venezuela, Resumen Final, pag. 4.
[32] Discorso del Santo Padre Francesco ai Partecipanti al Foro Internazionale su “Migrazioni e Pace” (21 febbraio 2017).
[33] Cf. Parte II, cap. III: Migrazione.
[34] Cf. Documento Preparatorio, pag.6.
[35] Cf. Parte II, cap. V: Famiglia e comunità.
[36] Cf. Parte II, cap. VII: La questione della salute integrale.
[37] Cf. Parte II, cap. VIII: Educazione integrale.
[38] Cf. Parte II, cap. VI: Corruzione.
[39] Sint. REPAM, pag. 42.
[40] Cf. Sint. REPAM, pag. 71, e Part II, Cap. VII: La questione della salute integrale.
[41] Sint. REPAM, pag.57.
[42] Cf. Sint. REPAM, pag. 161.
[43] Cf. Sint. REPAM, pag. 125.
[44] Cf. Sint. REPAM, pag. 125.
[45] Benedetto XVI, Omelia nel solenne inizio del ministero petrino (24 aprile 2005).
[46] Francesco, Discorso all’episcopato brasiliano (27 luglio 2013).
[47] Cf. San Giustino, II Apologia, 7,3; 8,1; 13, 2-3; 13, 6; Ad Gentes 11; DP 401, 403.
[48] Cf. Magistero latinoamericano alle Assemblee Generali; san Giovanni Paolo II in Sollicitudo Rei Socialis 42 e Centesimus annus 11.57; Benedetto XVI nel Discorso nella sessione inaugurale dei lavori della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e del Caribe (2007); e Francesco nell’Evangelii Gaudium, 197-201.
[49] Cf. Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, V, praef; I, 6, 1; DP 400.
[50] Tra gli altri si possono citare: Rodolfo Lunkenbein SDB e Simão Bororo (1976), Marçal de Souza Tupã-i (1983, Guaraní), Ezequiel Ramin (1985, Comboniano), Suor Cleusa Carolina Rody (1985, missionaria Agustina Recoleta), Josimo Moraes Tavavares (1986, sacerdote diocesano), Vicente Cañas SJ (1987), Mons. Alejandro Labaka e Suor Inés Arango (1987, entrambi cappuccini), Chico Mendes (1988, ecologista), Galdino Jesus dos Santos (1997, Pataxó Hã-Hã-Hãe), Ademir Federici (2001), Suor Dorothy Mae Stang (2005, Sorella di N. S. di Namur).
[51] Cf. EG 68-70, 116, 122, 126, 129.
[52] Concilio di Lima, Ses. III, c. 3.
[53] Cf. Documento Preparatorio, 4; Parte I, cap. IV: Dialogo.
[54] Sint. REPAM, pag. 58.
[55] Cf. Parte I, cap. III: Tempo (Kairos), n. 30; Parte III, cap.I: Chiesa dal volto amazzonico e missionario, nn. 107-108 e 114.
[56] Cf. San Giustino, Apologia II, 8; Ad Gentes, n. 11;
[57] Cf. Parte III, Cap I: Chiesa dal volto amazzonico e missionario, n. 107.
[58] Cf. Parte III, Cap. VI: Missione dei mezzi di comunicazione.
[59] Cf. Idem.
[60] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia (2003), 1. Cap.II.
[61] Cf. Sint. REPAM, pag. 78.
[62] Cf. Parte II, cap. V: Famiglia e comunità.
[63] Cf. Parte II, cap. III: Migrazione.
[64] Cf. Parte II, cap. IV: Urbanizzazione.
[65] Cf. Parte III, cap. V: Dialogo ecumenico e interreligioso.
[66] Cf. Parte II, cap. IV: Urbanizzazione.
[67] Cf. Parte III, cap. IV: L’organizzazione delle comunità.
[68] Cf. Parte II, cap. VIII: Educazione integrale.
[69] Cf. Parte III, cap. VII: Il ruolo profetico della Chiesa e la promozione umana integrale.
[70] Cf. DP 1166-1205; Documento finale della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi su I giovani, la fede e il discernimento vocazionale; Francesco, Esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit (25 marzo 2019).
[71] Cf. Parte III, cap. IV: L’organizzazione delle comunità.
[72] Cf. Parte III, cap. II: Sfide dell’inculturazione e dell’interculturalità.
[73] Cf. CIMI, “Relatório de violência contra os Povos Indígenas no Brasil”.
[74] Vedi Sint. REPAM, pag. 142, 146.
[75] Cf. Parte II, Cap. IX: La conversione ecologica.
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