Intervento del P. Yañez nella Conferenza Stampa di Presentazione dell’Instrumentum Laboris del Sinodo dei Vescovi per la regione Panamazzonica
Intervento del Padre Miguel Yañez en la Conferenza Stampa di Presentazione dell’Instrumentum Laboris per il Sinodo del Sinodo dei Vescovi per la regione Panamazzonica
Ecologia Integrale (Cap. II)
17 giugno 2019
L’Istrumentum laboris al n. 56 pone la domanda: “come recuperare il territorio amazzonico, salvarlo dal degrado neocolonialista e restituirgli il suo benessere sano e autentico?”
Il Documento inizia nella Prima Parte con un primo capitolo sul vedere-ascoltare la realtà: da un lato, la bellezza-bontà della creazione di Dio, la cui contemplazione fa cantare i popoli amazzonici; dall’altro, l’aggressione alla “Madre-terra”, che deturpa l’opera di Dio e fa levare un grido di dolore sia dalla Terra stessa che dai suoi figli, i popoli dell’Amazzonia. In questo capitolo, la vita e il territorio sono descritti come l’ambito in cui si svolge la storia dei popoli in un rapporto integrale con Dio, la comunità e la natura, mentre nel secondo capitolo si tratta direttamente della lotta dei popoli per difendersi dal paradigma tecnocratico, che ha come unico scopo la “massimizzazione del profitto”, senza preoccuparsi né della natura né dei popoli che la abitano. Da questi riferimenti alla Prima Parte si capisce meglio il contesto in cui si colloca la Seconda Parte: “Ecologia integrale: il grido della terra e dei poveri”. Si tratta dell’Ecologia integrale già proposta da Papa Francesco nell’Enciclica Laudato si’, ma ora focalizzata su una delle regioni dove la problematica ecologica si rende più urgente. Come aveva già indicato il Papa nella stessa Enciclica al n. 38: “i bacini dell'Amazzonia e del Congo” sono i “polmoni del pianeta”.
Questo Sinodo riconosce l’Amazzonia come interlocutrice privilegiata e “indispensabile” (n. 49) così da venire incontro alla saggezza dei suoi popoli per imparare, alle loro lotte per sostenerle e alle loro attese per condividerle.
L’Istrumentum laboris riconosce: “Dobbiamo alle comunità aborigene la cura e la coltivazione dell'Amazzonia da migliaia di anni…” (n. 56). Infatti, i popoli indigeni dell’Amazzonia hanno una “saggezza ancestrale” (n. 88), uno stile di vita dove tutto è connesso: hanno il senso del legame alla trascendenza e alla natura, alla comunità e alla famiglia. Hanno una prospettiva della vita che si ripercuote sia sulla educazione che sulla salute, sia sul lavoro che sulla loro religiosità.
In questo modo, la Seconda Parte si dipana in nove capitoli che presentano la vita dei popoli nel loro territorio: Distruzione estrattivista, Popoli Indigeni in Isolamento Volontario, Migrazione, Urbanizzazione, Famiglia e Comunità, Corruzione, La questione della Salute Integrale, Educazione Integrale e La Conversione Ecologica.
Il Primo Capitolo raccoglie il grido della Terra e dei popoli amazzonici provocato dal modello di sviluppo estrattivista: “i grandi interessi economici, avidi di petrolio, gas, legno, oro, monocolture agro-industriali, ecc.”. Tali interessi saccheggiano il territorio senza tener conto dei suoi abitanti, i quali si esprimono con queste parole: “Siamo colpiti da commercianti di legname, allevatori di bestiame e altre parti terze. Minacciati da attori economici che implementano un modello estraneo ai nostri territori. Le imprese forestali entrano nel territorio per sfruttare la foresta, noi abbiamo cura della foresta per i nostri figli, abbiamo carne, pesce, farmaci vegetali, alberi da frutto […] La costruzione di impianti idroelettrici e il progetto dei corsi d'acqua ha un impatto sul fiume e sui territori […] Siamo una regione di territori rubati” (n. 45). Quelli che sfruttano la natura e i suoi popoli sono “guidati da un modello economico legato alla produzione, alla commercializzazione e al consumo, dove la massimizzazione del profitto è prioritaria rispetto alle necessità umane e ambientali” (n. 51). Tutto questo causa squilibri climatici nella regione (cfr. n. 54). Addirittura ci sono problemi di riconoscimento di titolarità dei territori degli abitanti, i quali sovente ne vengono espulsi senza saper dove andare a vivere. “La vita è legata e integrata al territorio, quindi la difesa della vita è la difesa del territorio; non c'è separazione tra i due aspetti” (n. 53). Infine, si assiste all’“inquinamento dei fiumi, dell'aria, dei suoli, delle foreste e [al] deterioramento della qualità della vita, delle culture e delle spiritualità” (n. 46). Se qualcuno osa protestare, queste proteste sono vietate e i loro partecipanti criminalizzati (cfr. n. 52).
Dopo aver sollevato il problema dell’aggressione al territorio, l’Istrumentum laboris si focalizza, a partire dal secondo capitolo, sulla popolazione, incominciando da coloro che sono i più vulnerabili: i Popoli Indigeni in Isolamento Volontario o “popoli liberi”, che si calcola siano tra i 110 e i 130. “I PIAV resistono all'attuale modello di sviluppo economico predatore, genocida ed ecocida” (n. 57).
Il terzo capitolo tratta delle migrazioni. Infatti, “l'Amazzonia è tra le regioni con la maggiore mobilità interna e internazionale in America Latina” (n. 64). “[…] questo modello di sfruttamento che svuota i territori per appropriarsene, espelle le popolazioni e le allontana verso la città” (n. 66). “Questo fenomeno destabilizza, tra l'altro, le famiglie […]” (n. 67). Per cui si suggerisce di aiutare ad apprezzare meglio la vita rurale, con alternative di sopravvivenza come l'agricoltura nella campagna (cfr. nn. 69d; 74e). Nell’Amazzonia, “tra il 70 e l'80% della popolazione risiede nelle città” (n. 71), quindi troviamo problematiche proprie della vita urbana che sono trattate nel cap. IV, tra cui l'urbanizzazione della povertà, l’aumento della violenza in tutti i sensi e, infine, il conflitto tra la cultura tradizionale e la cultura urbana, soprattutto tra i giovani.
Il capitolo V tratta della famiglia, in cui palpita l’esperienza cosmica (“cosmovivencia”). Essa, infatti, è il luogo della trasmissione dei valori e delle tradizioni, della lingua e dei miti, ma oggi si trova in crisi, soprattutto nella città, a causa del cambiamento di stili di vita che rende difficile il dialogo al suo interno. La famiglia tante volte soffre la separazione dei propri membri, per spostamenti a causa del lavoro. Emergono, infine, nuovi modelli familiari come conseguenza della crisi antropologica in atto. Tra l’altro si chiede di promuovere il ruolo della donna nella società e nella Chiesa e di sostenerla quando deve affrontare, tante volte da sola, situazioni di emergenza in assenza del compagno.
Il capitolo VI va a intercettare un tema ancora più difficile: la corruzione, la quale penetra tutti gli ambiti della vita amazzonica. Ciò riguarda, anzitutto, alcune delle grandi compagnie estrattiviste che cercano di corrompere i governi affinché diano i permessi per poter estrarre le risorse naturali senza alcun controllo, oppure i leaders delle stesse comunità aborigene, con l’effetto di dividere le comunità, sedotte da un oro che “pretende sacrifici umani” (n. 63), come avvertiva Papa Francesco a Puerto Maldonado. Ma la corruzione è anche “legata alla piaga del traffico o del commercio di droga […] (DAp 70)” (n. 81).
Il capitolo VII parla della salute integrale, costatando come questa è messa a repentaglio dall’intervento delle compagnie estrattiviste che contaminano l’acqua, base di tutta la vita del bioma amazzonico. In questo modo, tutto si inquina e affiorano sia nuove che antiche malattie, che stanno dilagando per il territorio, il quale perde così la sua originaria condizione di salute. Ma l’Istrumentum laboris raccoglie pure la saggezza degli anziani che, osservando la natura, hanno imparato una medicina naturale trasmessa di generazione in generazione, che anche noi possiamo apprendere. Va ricordato che la base della salute sono l’aria e l’acqua pulite, la possibilità di abitare la propria terra e di goderne i frutti.
Il capitolo VIII tratta dell’Educazione integrale, la quale deve recuperare la saggezza ancestrale e il modo di insegnare dei popoli amazzonici, incentrati non tanto su concetti teoretici quanto esperienziali, attenti al vissuto e alla dimensione emotiva della persona. Si rammenta che tante volte la scuola ufficiale non ha tenuto conto della cultura di questi popoli, addirittura vietando l’utilizzo delle loro lingue e creando in essi un sentimento d’inferiorità a causa del mancato apprezzamento del loro patrimonio culturale. Oggi si chiede di integrare nell’educazione istituzionale la cultura e la lingua degli indigeni, il loro modo di insegnare e di imparare. Un’educazione alla solidarietà, attenta alla cura della Casa Comune, che raccoglie la loro saggezza e il loro stile di vita.
Infine, tutto questo richiama alla conversione ecologica, presentata nel nono capitolo, in linea con l’Enciclica Laudato si’, che richiede una conversione integrale di tutto l’essere umano, nelle sue reti di rapporti interpersonali e con il creato; una conversione anche pastorale della Chiesa, chiamata ad assumere la cura della Casa Comune come parte della sua missione evangelizzatrice, per insegnare ai suoi fedeli dopo aver imparato dai popoli originari. Così, essa sarà in grado di svolgere la sua missione profetica anche davanti ai potenti di questo mondo, molti dei quali sono interessati non a rispettare la natura e i popoli che la abitano, in modo particolare i poveri, ma solo a estrarre quante più ricchezze possibili, le quali in genere finiscono nelle mani di pochi.