Intervento di Mons. Fabene nella Conferenza Stampa di presentazione dell’Instrumentum Laboris del Sinodo Speciale per la regione Panamazzonica
Intervento di S.E. Rev. Mons. Fabene nella Conferenza Stampa di presentazione dell’Instrumentum Laboris del Sinodo Speciale per la regione Panamazzonica.
17 giugno 2019
Dopo che Padre Yanez ha presentato il tema dell’ecologia integrale, desidero soffermarmi sui nuovi cammini ecclesiali, dei quali si parla nella terza parte dell’ Instrumentum Laboris. Cammini che, senza dimenticare il grande lavoro della prima evangelizzazione e l’opera pastorale svolta fin qui, devono essere percorsi per costruire una Chiesa dal volto amazzonico e missionario. Una Chiesa che sia espressione della pluralità dei popoli, culture ed ecosistemi che si trovano in quel territorio. E’ proprio la ricchezza umana ed ambientale dell’Amazzonia – dove vivono indigeni, ribeirinhos, afrodiscendenti, migranti – che chiede di evidenziare l’unicità di quella regione nell’unità della Chiesa.
I nuovi cammini si attuano attraverso un processo di inculturazione, cioè di incarnazione del Vangelo nella pluralità delle culture umane, promuovendo un dialogo tra di essi in vista di un mutuo arricchimento. In questo modo l’inculturazione si apre all’interculturalità.
L’Instrumentum Laboris collega questo cammino alla liturgia come celebrazione della fede, all’organizzazione delle comunità, all’evangelizzazione delle città, al dialogo ecumenico e religioso, alla missione dei mezzi di comunicazione e alla promozione umana integrale. Per ciascuno di questi argomenti il Documento presenta dei suggerimenti scaturiti dalla fase preparatoria del Sinodo, che orienteranno il dibattito tra i Padri Sinodali durante i lavori del prossimo ottobre.
Riguardo alle celebrazioni liturgiche, viene proposta una migliore integrazione dei simboli e stili celebrativi delle culture indigene, tenendo conto della musica e della danza, delle lingue e degli abiti autoctoni, nonché offrendo maggiore spazio alle espressioni della pietà popolare.
Riguardo all’organizzazione delle comunità, si suggerisce di valorizzare la ricca tradizione dei popoli originari, fondata sul senso di comunità, di uguaglianza, di solidarietà e di servizio. Allo stesso tempo si riconosce la necessità di tenere presente che la popolazione amazzonica è variegata ed è composta da nativi e “ribeirinhos”, “kilombolas” (afroamericani), meticci e gruppi etnici provenienti da vari continenti che vivono in maggioranza in centri urbani di vaste proporzioni.
Si chiede di valorizzare il ruolo dei laici rendendoli più protagonisti di una Chiesa in uscita, tra questi in special modo le donne, la cui presenza non è sempre adeguatamente considerata. Anche nell’ambito della vita consacrata, le religiose sono una presenza significativa e se ne auspica una formazione che si focalizzi “sull'interculturalità, l'inculturazione e il dialogo tra le spiritualità e le cosmovisioni amazzoniche” (n. 127).
Inoltre si considera urgente un dialogo con i giovani per superare le difficoltà di comunicazione tra le generazioni ed evitare che le tradizioni e le culture indigene vadano perdute man mano che gli stessi giovani lasciano le loro comunità native. Una parola di prossimità viene rivolta a quanti fra loro sono vittime del narcotraffico, della tratta di persone e della dipendenza da droghe e alcool.
I nuovi cammini richiedono anche una pastorale maggiormente coordinata tra le diocesi di frontiera per affrontare insieme problemi ecclesiali e sociali comuni. A questo scopo è significativa la richiesta di rafforzare la REPAM (Rete Ecclesiale Panamazzonica), di costituire una struttura episcopale amazzonica e di creare un fondo economico per le necessità pastorali e sociali del territorio.
L’Amazzonia non è solo la foresta, vi sono anche le città verso cui gli indigeni sono costretti ad emigrare per motivi di studio o di lavoro, trovandosi spesso sradicati dal loro ambiente naturale, confinati in una condizione di invisibilità e raggiunti dalla propaganda di gruppi di origine pentecostale, che sono attivi soprattutto nelle periferie. Per questo motivo si propone di studiare quale tipo di parrocchia possa rispondere alle sfide inedite della pastorale urbana, anche in modo da favorire l’integrazione tra gruppi umani diversi. In particolare si suggerisce di intensificare la presenza pastorale nei nuovi quartieri, promuovendo una cittadinanza attiva e sensibile ai diritti umani e alle questioni ecologiche.
In un contesto tanto variegato si rende necessario incentivare il dialogo ecumenico e interreligioso, tenendo conto della forte azione di proselitismo svolta da gruppi religiosi di diversa denominazione. Per far fronte a ciò, sembra opportuno sviluppare un dialogo più costruttivo, ricercando punti di incontro, favorendo la traduzione della Bibbia nelle lingue amazzoniche e organizzando incontri interconfessionali tra teologi.
Un aspetto che è emerso dalla consultazione riguarda la ministerialità laicale. Rispetto ad essa, per rispondere alle esigenze pastorali delle comunità amazzoniche, si chiede di valutare l’istituzione di nuovi ministeri. In questo senso, ci si domanda quale ministero ufficiale possa essere conferito alla donna. Nel documento non si parla del diaconato femminile, dal momento che il Papa si è già espresso in proposito nell’Assemblea delle Superiore Generali, dichiarando che il tema necessita di ulteriore approfondimento. Infatti, la Commissione di studio appositamente istituita nel 2016 non ha raggiunto un parere unanime sulla questione.
Un altro problema affiorato dalla consultazione è la sofferenza provocata dall’assenza dell’Eucaristia in molte comunità amazzoniche, specialmente nelle zone remote, a causa della scarsità di sacerdoti. Il Documento di lavoro richiama il principio secondo cui la Chiesa fa l’Eucaristia e l’Eucaristia fa la Chiesa. Per questo si suggerisce innanzitutto un rilancio della pastorale vocazionale che favorisca le vocazioni autoctone, in modo che vi siano sacerdoti adeguatamente preparati che non siano solo di passaggio ma stabilmente presenti tra i fedeli. Accanto a questo suggerimento, vi è anche quello di studiare la possibilità di trovare elementi nuovi oggettivi e ulteriori criteri validi per poter assicurare la celebrazione dei sacramenti.
Significativo è, in conclusione, il titolo stesso del capitolo: “Chiesa profetica in Amazzonia: sfide e speranza”. Il riferimento alla profezia ritorna alla fine del Documento, dove si legge: “La voce profetica implica un nuovo sguardo contemplativo capace di misericordia e di impegno” (n. 142). Una Chiesa profetica è una Chiesa che ricerca nuove risposte a nuove situazioni e intraprende nuovi cammini che rendano possibile l’edificazione di una Chiesa dal volto amazzonico. Il Sinodo sarà un Kairos per le comunità ecclesiali dell’Amazzonia, soprattutto per quelle più povere ed isolate: “Il mondo amazzonico chiede alla Chiesa di essere sua alleata” (ibid.).