Relazione del Circolo Minore Gruppo B - Italiano
CÍRCOLO ITALIANO - GRUPPO B
Il circolo minore italiano B, vede in questo Sinodo un dono prezioso dello Spirito per l’ Amazzonia e per tutta la Chiesa sia sotto l’aspetto ecclesiale sia per l’ineludibile compito della Cura della Casa comune. Nell’aspetto ecclesiale, riprendendo il cammino di attuazione del Vaticano II che si e’ sviluppato dalle conferenze dell’Episcopato latinoamericano sino alla Evangelii Gaudium, nella Cura della Casa comune seguendo lo sviluppo dell’insegnamento sociale della Chiesa sino alla Laudato Si’. In questa direzione, proponiamo tre passi prima della presentazione sintetica della riflessione del circolo italico B.
1. Innanzitutto i nuovi cammini sono possibili a partire da una rinnovata esperienza della Chiesa che, in ascolto dei popoli dell’Amazzonia e delle loro culture, offra la testimonianza di una fede viva che rinnovi la profezia, sviluppi un nuovo cammino sinodale e comunichi un’ardente passione missionaria.
2. La bellezza ferita e deformata dell’Amazzonia e’ un grido per tutto il pianeta perche’ si attui una vera conversione culturale promossa dalla “ecologia integrale” di papa Francesco sino a creare progetti eco e sociosostenibili e “nuovi stili di vita”. Questo e’ ancora piu’ urgente per non tradire la speranza e il futuro dei nostri giovani.
3. In terzo luogo si avanza la proposta di intraprendere la via di un proprio “Rito amazzonico” che permetta di sviluppare sotto l’aspetto spirituale, teologico, liturgico e disciplinare la ricchezza singolare della Chiesa cattolica in Amazzonia..
Passando alla riflessione del gruppo si e’ sottolineata l’importanza dell’ intervento iniziale di Papa Francesco al Sinodo, quando affermava: “La dimensione pastorale, è quella essenziale, quella che comprende tutto. Noi la affrontiamo con cuore cristiano e guardiamo alla realtà dell’Amazzonia con occhi di discepolo”.
In questa prospettiva il circolo ha approfondito la prima parte “La voce dell’Amazzonia” ascoltando l’esperienza diretta dei padri sinodali e degli uditori, vescovi e sacerdoti, missionari in Amazzonia e presenti nel gruppo. È emersa una ricchezza che abbraccia vari aspetti naturali tra i quali l’acqua che è fonte di vita e di rapporti tra i popoli nelle loro espressioni culturali e spirituali. Si è sottolineato che tale vita è minacciata dalla distruzione e dallo sfruttamento ambientale, dal genocidio, dall’ecocidio e dalla biopirateria. Ciò accade quando i beni del territorio, per esempio le erbe medicinali, sono portate nel mondo dopo aver rubato il brevetto alle terre e ai popoli indigeni. In questa situazione i più feriti sono i giovani, particolarmente le ragazze, nella prostituzione e nelle tratte, nello sfruttamento sessuale, ma anche i giovani indigeni che vanno nelle città sono sedotti dalla tecnologia e dalla globalizzazione: attratti da uno stile di vita che mira a distruggere le loro origini.
Insieme a questi rilievi si è osservato che se si vuol passare dall’analisi alle proposte è necessario che il “buon vivere” amazzonico si incontri con l’esperienza delle beatitudini: solo dall’incontro con la Parola di Dio il “buon vivere” raggiunge la sua realizzazione, valorizzando così i “semina verbi” presenti nelle varie culture. La direzione in cui tale valorizzazione va compiuta si trova nella Laudato si’, dove è presentata sia una “Teologia della Creazione” come una “Teologia della Redenzione”.
Questo conduce alla costruzione di uno stile di vita in cui si può ristabilire un rapporto positivo e non predatorio tra uomo e natura. La cosmovisione amazzonica ha tanto da insegnare al mondo occidentale dominato dalla tecnologia, molto spesso al servizio della “idolatria del denaro”. Dall’altro canto l’annuncio del Vangelo e l’originalità della vittoria di Cristo sulla morte, nel rispetto della cultura dei popoli è un elemento essenziale anche per la cosmovisione amazzonica.
L’annuncio esplicito della risurrezione di Cristo, dopo tempi adeguati di vicinanza e di condivisione della vita, senza alcuna forma di proselitismo, è una grande ricchezza per i popoli dell’Amazzonia.
Si è anche osservato che l’Amazzonia sta vivendo un Kairos, un tempo di grazia, che ha un particolare rilievo in questo sinodo. I popoli amazzonici ci insegnano molto perché essi da mille anni si sono presi cura della loro terra, dell’acqua, della foresta e sono riusciti a preservarle fino ad oggi. In questa sfida dobbiamo valorizzare il significato della memoria che nei popoli indigeni ha un grande valore nell’esperienza personale, sociale e della trasmissione della cultura e della fede. Questo è possibile attraverso il dialogo interculturale e intergenerazionale, permettendo l’incontro tra un “io” e un “tu”. Il dialogo è possibile a partire dalla inseauribilità del Mistero che si comunica nella vita di questi popoli e che costituisce un metodo fondato nel rispetto per la libertà dell’altro valorizzando i “semina verbi” presenti nelle varie culture.
Ciò non è sempre accaduto, lo dimostrano la violenza prodotta dell’estrattivismo agricolo, pluviale e umano in genere. In questo campo dominano impuniti i trafficanti internazionali e i distruttori della biodiversità amazzonica avendo in vista solamente la massimizzazione del profitto. Da quanto detto deriva il “debito ecologico” (LS 51), dilagante nel mondo e che ha in Amazzonia effetti efferati. Uno di questi è legato al fenomeno delle migrazioni che accade nella ricerca di un tetto, di una terra, di un lavoro. Le promesse, normalmente, non si realizzano e risultano destabilizzate le famiglie. Le nostre diocesi di frontiera svolgono un’azione molto positiva ed importante tra i migranti che però deve articolarsi e svilupparsi sempre più.
L’urbanizzazione che sembra sociologicamente ed economicamente un fenomeno mondiale irreversibile è stata definita da noi come “estrattivismo umano”. È necessario quindi sviluppare una pastorale urbana che raccolga le sfide della globalizzazione e della cultura tecnologica. Allo stesso tempo non deve essere dimenticata una pastorale rurale perché non ci siano cristiani di serie B.
Fa specie che l’IL non parli di “favelas” e di “periferie”, che costituiscono una caratteristica nelle medie e grandi città del’Amazzonia come di tutta l’America Latina. di una presenza attiva in “favelas” e nell’intera società.
Sul tema dell’educazione la Chiesa ha svolto un ruolo di promozione nelle culture che ha incontrato e di fronte ad esse è necessario essere in ascolto come discepoli prima di essere maestri. In questo contesto si è anche riflettuto sulla formazione nei seminari dell’Amazzonia in cui i seminaristi indigeni non riescono a seguire il ritmo accademico non per mancanza di intelligenza ma per una modo differente di pensare.
L’azione della Chiesa è innanzitutto educativa, mira a formare una mentalità in cui l’economia si sviluppa tentando presente la sostenibilità ambientale e sociale. Non è possibile creare valore economico attraverso la distruzione della natura e delle materie prime. Occorre educare non in forma astratta ma in vista del cambiamento degli stili di vita. Così la soddisfazione delle persone non sarà nel consumo ma in una realizzazione, in una armonia che è proposta dallo sguardo contemplativo della Laudato Si’.
È poi parsa opportuna una riflessione della Chiesa in Amazzonia anzitutto sulle cause della drastica diminuzione dei cattolici per causa dell’azione dei movimenti neo pentecostali ed evangelicali. Questi crescono perché rispondono al bisogno di guarigione, di prossimità e di Salvezza al di là dei loro molto discutibili interessi economici e politici. Oltre ad esprimere la nostra preoccupazione per la crescita di queste nuove denominazioni religiose siamo provocati a passare da un’immagine ancora troppo istituzionale della Chiesa ad una Chiesa in uscita che ascolta, e che crea comunità che gioiscono e festeggiano la bellezza del Vangelo. È necessario che come Chiesa si sviluppi la conoscenza della Bibbia moltiplicando le traduzioni nelle lingue locali. Ciò permetterà un dialogo interreligioso ed ecumenico.
Inoltre alcuni esprimono perplessità circa la mancanza di riflessione sulle cause che hanno portato alla proposta di superare in qualche forma il celibato sacerdotale come espresso dal Concilio Vaticano II (PO 16) e dal magistero successivo.
In questo contesto ha tutto il suo valore il tema dell’inculturazione della fede ampiamente sviluppato nel nostro circolo. Proprio a partire da questo tema è stata presentata la proposta di un “Rito amazzonico”.
Nella Chiesa cattolica esistono circa 23 Riti differenti, segno evidente di una tradizione che fin dai primi secoli ha cercato di inculturare i contenuti della fede e la loro celebrazione attraverso un linguaggio che fosse il più possibile coerente con il Mistero da esprimere. Tutte queste tradizioni hanno avuto origine in funzione della missione della Chiesa (cfr CCC 1200-1206). L’Amazzonia con le sue differenti culture e tradizioni si è già aperta alla fede e sta vivendo un significativo processo teso a salvaguardare le espressioni di identità e appartenenza che le sono proprie.
E’ necessario che la Chiesa riconosca questo peculiare momento storico, e nella sua instancabile opera di evangelizzazione si adoperi perché il processo di inculturazione della fede si esprima con le forme più coerenti per essere anche celebrato e vissuto secondo i linguaggi propri delle popolazioni amazzoniche.
Pertanto, si chiede che il Sinodo faccia propria l’istanza secondo la quale i popoli dell’Amazzonia possano intraprendere la nuova via di un proprio “Rito Amazzonico” con cui esprimere il patrimonio liturgico, teologico, disciplinare e spirituale che le appartiene, con particolare riferimento a quanto la Lumen Gentium afferma per le Chiese Orientali (cfr LG 23). Questo arricchisce l’opera di evangelizzazione esprimendo la fede secondo le peculiarità di una propria cultura.
Mons. Filippo Santoro