Relazione del Circolo Minore Gruppo A - Italiano

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CIRCOLO ITALIANO - GRUPPO A

La Chiesa ha la missione di annunciare Gesù Cristo in Amazzonia. Evangelizzare è rendere presente nel mondo il Regno di Dio (EG 176). Quindi, è compito della Chiesa presentare la buona notizia di Gesù e del suo Regno in Amazzonia.

Cristo pianta la sua tenda in Amazzonia (cfr. Gv 1, 14). Il cammino della Chiesa parte da Cristo e dal battesimo; si fonda sul Vangelo per promuovere l’ecologia integrale, celebrando, servendo e proteggendo la vita, perché sia sempre e per tutti piena e abbondante.

«L’Eucaristia è un atto di amore cosmico. Sì, cosmico! Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l'Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull'altare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato» (San Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia n.8).  «Perciò l’Eucaristia è anche fonte di luce e di motivazione per le nostre preoccupazioni per l’ambiente, e ci orienta ad es­sere custodi di tutto il creato» (LS 236).

Sia lodato il Dio della vita per nostra sorella e madre Terra e per l’Amazzonia, la sua bellezza e fecondità! Sia lodato per il dono dell’acqua, per il servizio di regolazione del clima e delle piogge che questo bioma offre a buona parte del continente sudamericano, l’immensa ritenzione del CO2 nei suoi alberi, la sua bio e sociodiversità.

Basta alle violenze in Amazzonia!

Dall’Amazzonia, però, si innalza a Dio un grido che ci sgomenta. La Chiesa invoca: Basta alle molte violenze in Amazzonia! Si impegna, ancor più grazie a questo Sinodo, in appoggio e comunione con le vittime, perché non si sentano sole. La Chiesa, se sta dalla parte dei poveri, non si può sbagliare.

Anche molti giovani nel mondo si stanno schierando in difesa della Casa Comune: ci provocano e ci stimolano a camminare con loro e per loro.

Mai come oggi questi popoli indigeni, afrodiscendenti, pescatori, migranti e le altre comunità tradizionali in Amazzonia sono minacciati, a volte anche divisi ed indeboliti strategicamente dalla seduzione del denaro e del potere.

La Chiesa, accanto a loro, ne riafferma il diritto a terra, cultura, lingua, storia, identità e spiritualità propria. Difende il loro diritto al consenso previo, libero ed informato su progetti nei loro territori; una effettiva riparazione integrale delle violazioni già sofferte e la protezione ai leader criminalizzati a causa di denunce o resistenza.

Varie sono le emergenze di fronte alle quali non si può restare incerti: il disboscamento dell’Amazzonia, che sta giungendo al punto di inflessione, rischiando la “savanizzazione” della foresta; l’attacco ai popoli indigeni, alle comunità tradizionali e ai loro territori; la crisi climatica e l’urgenza di ridurre drasticamente il riscaldamento globale.

L’acqua è un diritto umano fondamentale, fonte di vita per tutto il ciclo naturale, elemento di integrazione di popoli e comunità panamazzoniche. Ma è una risorsa limitata e vulnerabile; la sua privatizzazione o contaminazione pregiudica immediatamente la vita delle comunità, specialmente i più poveri.

Lo sfruttamento predatorio delle risorse naturali divora il bioma amazzonico. Eppure è il modello prioritario delle politiche economiche di oggi, controllato dai gruppi finanziari che concentrano la maggior parte del denaro del mondo, favorendo sempre più il guadagno di pochi a scapito della vita della maggior parte della gente.

Ci preoccupa la violenza inflitta alle donne e ai minori in Amazzonia: sono loro che soffrono di più, a causa della cultura machista, di comportamenti autoritari ed anche del clericalismo, degli abusi e della tratta. È importante investire il nostro impegno pastorale in difesa e promozione della famiglia.

Esistono forme di economia alternativa, che valorizzano la foresta “in piedi” e i suoi beni. È necessario sostenere proposte di educazione integrale, ricerche specifiche sulla vocazione economica delle diverse regioni amazzoniche, politiche pubbliche di promozione all’economia solidale e cooperativa, iniziative di produzione locale e autogestita, il protagonismo delle piccole comunità, microcredito e formazione tecnica locale.

Molti giovani stanno lasciando i villaggi e le regioni dell’interno per integrarsi nel mondo urbano. Questo meticciato etnico e culturale arricchisce la società grazie al pluralismo culturale e può sviluppare cambiamenti positivi. Però, lo sradicamento dai vincoli territoriali e ancestrali può provocare la perdita della tradizione, della ritualità e celebrazione. In particolare, occorre che le parrocchie organizzino e sviluppino una pastorale dei popoli indigeni urbani, frequentemente esclusi e disprezzati.

La Chiesa casa comune

La Chiesa stessa è una vera e propria casa comune, che può ancora crescere  nell’unità, affinché tutti i popoli, tribù, lingue e nazioni si trovino alla presenza del Padre (Ap 7,9).

Il Sinodo dell’Amazzonia ripropone la sfida della cattolicità della Chiesa e della sua pluralità costitutiva, in cui «le singole parti apportano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, e tutte si accrescono per uno scambio mutuo universale e uno sforzo comune verso l’unità» (LG 13).

In questo senso, è molto fecondo l’incontro tra la Chiesa inviata ai popoli amazzonici e quella che progressivamente nasce tra di essi, con volto proprio. Dobbiamo distinguere tra Chiesa “indigenista”, che considera gli indigeni come destinatari passini di pastorale, e Chiesa “indigena”, che li comprende come protagonisti della propria esperienza di fede. Bisogna decisamente puntare a una Chiesa indigena, secondo il principio “Salvare l’Amazzonia con l’Amazzonia”. Il Vangelo di Cristo rinnova continuamente la vita e la cultura, la purifica ed eleva, la feconda dall'interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità spirituali e le doti di ciascun popolo (cfr GS 58).

Riconosciamo con gratitudine che i missionari e le missionarie si sono inseriti in profondità nella cultura e cosmovisione dei popoli e comunità a cui sono inviati. Continua ad essere una sfida oggi più che mai necessaria, vivendo tutti in una cultura individualista che non favorisce la sobrietà ed il sacrificio.

Le comunità locali crescono nella fede e celebrano il mistero di Cristo nella loro pluralità culturale (AG 22). Si possono valorizzare simboli e gesti delle culture locali nella liturgia della Chiesa in Amazzonia, conservando l’unità sostanziale del rito romano, giacché «la Chiesa non vuole imporre una rigida uniformità in ciò che non affetta la fede o il bene di tutta la comunità, pure nella liturgia» (SC 37).

In ascolto e rispetto delle voci della fase sinodale di consulta, accogliamo con zelo apostolico il loro desiderio di celebrare la santa Eucaristia in modo frequente e, possibilmente, stabile, come diritto irrinunciabile dei fedeli laici (CIC 213). Molte chiese in Amazzonia vivono ancora una fede basata unicamente sulla Scrittura e sulla pietà popolare. Occorre studiare i modi pastoralmente più efficaci per rispondere a questo appello insistente.

Alcuni padri sinodali chiedono che in comunità cristiane con un cammino di fede consolidato siano ordinate persone mature, rispettate e riconosciute, di preferenza indigene, celibi o con una famiglia costituita e stabile, a fine di assicurare i Sacramenti che garantiscono e sostengono la vita cristiana.

Il Diritto Canonico permette che si richieda alla Santa Sede la dispensa dall'impedimento al Sacramento dell'Ordine di un uomo legittimamente e validamente coniugato (CIC 1047 § 2,3).

Il Diaconato permanente, ristabilito dal Vaticano II, mostra che è possibile assumere con efficacia un impegno pastorale, sacramentale e familiare nella Chiesa. La maggior parte delle chiese di rito orientale che sono parte della Chiesa Cattolica conservano il clero sposato (PO 16). Questa proposta si fonda sulla sacra Scrittura, nelle lettere apostoliche (1 Tim 3:2-3,12; Tt 1:5-6).

Altri padri sinodali considerano che la proposta concerne tutti i continenti, potrebbe ridurre il valore del celibato, o far perdere lo slancio missionario a servizio delle comunità più distanti. Ritengono che, in virtù del principio teologico di sinodalità, il tema dovrebbe essere sottoposto all’opinione di tutta la Chiesa e suggeriscono, pertanto, un Sinodo universale a riguardo.

Tutti riconoscono che il celibato nella Chiesa è un dono ed un tesoro (PO 16, OT 10). Fa parte della novità cristiana e va proposto anche alle popolazioni amazzoniche.

Occorre mantenere vivo lo slancio missionario e lo zelo nella promozione vocazionale, coltivare una cultura vocazionale, senza rassegnarsi, con insistenza e organizzazione. In coerenza con il richiamo “America Latina, evangelizza te stessa!”, facciamo appello alle Conferenze Episcopali del continente perché rafforzino progetti di cooperazione e comunione tra chiese ed inviino nuovi missionari in Amazzonia, anche tra coloro che attualmente esercitano il servizio sacerdotale nel nord del mondo.

La formazione al ministero ordinato, intesa a configurare il sacerdote a Cristo, deve essere una scuola comunitaria di fraternità, esperienziale, spirituale, pastorale e dottrinale, a contatto con la realtà della gente, in sintonia con la cultura e religiosità locale, vicina ai poveri, fondata sulla prospettiva dell’ecologia integrale e uno stile sinodale di autorità, che valorizzi e stimoli la partecipazione nella vita comunitaria.

Il tessuto della chiesa locale, anche in Amazzonia, è garantito dalle piccole comunità ecclesiali missionarie, che coltivano la fede, ascoltano la Parola e celebrano insieme, vicine alla storia della gente. È la chiesa di donne e uomini battezzati, che dobbiamo consolidare promuovendo la ministerialità e soprattutto la consapevolezza della dignità battesimale.

Proponiamo che (a) si  conferisca il ministero del lettorato e accolitato anche a donne, religiose o laiche, adeguatamente formate e preparate; (b) secondo il motu proprio di Papa Paulo VI Ministeria Quaedam, le Conferenze Episcopali dell’Amazzonia chiedano alla Santa Sede di creare un nuovo ministero istituito, di coordinatrici / coordinatori di comunità.

Il vescovo locale potrà costituire questi ministri in rappresentanza della comunità cristiana, possibilmente a servizio rotativo e organizzato in equipe ministeriali, per evitare personalismi (CIC 517 § 2). La persona responsabile della comunità potrà essere riconosciuta anche a livello civile locale come rappresentante della comunità cristiana.